«L'operetta è vita, o è la vita che è un'operetta?», si chiede Andrea Binetti presentando al Teatro Verdi di Trieste questa sua ultima fatica teatrale, la messinscena de La Contessa Maritza di Emmerich Kálmán. Regia, scene e costumi li ha infatti pensati lui, provvedendo pure ad una rinfrescatina dei dialoghi e delle battute - la versione ritmica italiana del libretto di Julius Brammer ed Alfred Grünwald risente ormai dell'età - confermando ancora una volta l'indole di simpatico (e ruffiano) affabulatore.
Questa rappresentazione che sigla il Festival dell'Operetta 2024, grazie a lui scorre infatti veloce e senza inciampi, divertente e vorticosa, con gradevoli gags che cadono nel punto giusto. I costumi son tanti, e ben disegnati, con continui cambi per il corpo di ballo; la scenografia, lineare e raffinata, con un buon uso delle retroproiezioni. Quanto alle belle coreografie di Noemi Gaggi, affidate ed un ensemble giovane e valente, vivacizzano quasi ogni scena, in un vorticoso susseguirsi di danze del più vario carattere.
Cent'anni di vita per un piccolo capolavoro
Bella, bellissima, La Contessa Maritza; ma purtroppo anche un po' il canto del cigno della piccola lirica, che stava cedendo ormai il passo al musical. Quest'anno, tra altro, cadono i cent'anni dalla prima viennese, tenutasi al Theater An Der Wien il 28 febbraio 1924, segnando un irresistibile crescendo di successi: ben 374 recite una di seguito all'altra a Vienna, poi una rapida diffusione a livello mondiale.
Il segreto dell'operetta non sta tanto nella trama, fatua e leggera, che ricalca molti clichés del teatro leggero, né nel buon trattamento delle voci, prossimo a quello del repertorio operistico; quanto nella fiorente strumentazione da una parte, e nella felice inventiva musicale dall'altra, che ricrea ammalianti melodie - vedi Al calar del sol e Vieni, tzigan di Tassilo, oppure Allegre melodie tzigane di Maritza. In più Kálmán mischia magistralmente folklore magiaro e valzer viennesi con i ritmi più moderni - tempi di fox trot, shimmy, slow fox - arrivando ad occhieggiare a Broadway con il prorompente duetto Se vieni a Varasdin.
L'operetta, genere leggero ma difficile
Tanti elementi che messi insieme, sotto la penna di Kálmán vanno a costituire una partitura di non comune raffinatezza che, a quanto si dice, destò persino l'ammirazione di Toscanini. Dirigerla non è però certo facile, dovendo equilibrare tante componenti diverse, tenere uniti buca e palcoscenico, procedere sicuri ma sempre con tanta, tanta leggerezza.
Di teatro leggero parliamo, e leggera deve essere la bacchetta: lo è quella di Stephanie Praduroux, al suo debutto al Verdi, che porge una concertazione brillante, spigliata, spumeggiante; ed ottiene dall'Orchestra di casa una prestazione precisa, grande scioltezza, bella flessuosità.
La precedente apparizione triestina nel 2000
Assente da un bel po' dalle scene triestine, La Contessa Maritza edizione 2024 si avvale di un cast affiatato e vigoroso, con voci quasi tutte provenienti dall'agone lirico. Cominciando da Ana Petricevic, soprano che non disprezza affatto l'operetta: a Trieste nel 2018 cantava Leonora in Trovatore, nel 2017 era l'Isolde wagneriana, ma l'anno prima era Rosalinde in Die Fledermaus. La sua Maritza conquista per nobile garbo, giusto spessore vocale, elegante freschezza, e timbro passionale.
La calda e solare vocalità di Alessandro Scotto di Luzio infonde carattere e vigore alla aristocratica figura di Tassilo; Andrea Binetti, presente anche come brillante cantante/attore, infonde la sua irresistibile verve nella figura del Barone Zsupan; Danae Rikos è una deliziosa, tenera Lisa; Francesca Micarelli infonde torbida grazia gitana alla sua Manja, profetizzando a Maritza la futura passione.
Gli altri ruoli sono più attoriali, e bisogna dire che la scelta è caduta su interpreti adeguatissimi: Maurizio Zacchigna è il Conte Carlo; Gualtiero Giorgini, il Principe Popolescu; Marzia Postogna, Ilka; Julian Sgherla, Tschekko; Alessio Colautti, Penisek. Ariella Reggio, beniamina del pubblico triestino, dona il comico cameo della Principessa Elisabetta.
A proposito. Nel cast non figura una interprete, che pure si è prodigata senza sosta: è sempre Stephanie Praduroux, che dirigendo ha cantato con slancio tutto, ma proprio tutto. Cori compresi.