Lirica
LA GIOCONDA

Alla Scala va in scena La Gioconda ambientata in una Venezia onirica

La Gioconda
La Gioconda © Brescia-Amisano

Sorta di Grand-opéra italiano (quattro atti per una durata complessiva di circa tre ore, presenza di imponenti scene di massa, balletto) La Gioconda di Amilcare Ponchielli, tornata in una nuova produzione al Teatro alla Scala, è un’opera che appartiene al periodo tardo romantico-verista, quindi ad un gusto ormai in parte superato nei nostri cartelloni. 

Basti infatti pensare che nei primi 76 anni di vita, ovvero dal debutto del 1876 al 1952 l’opera venne riproposta sul palcoscenico milanese in ben 16 stagioni, mentre nei successivi 70 solamente in due, compresa quella attuale.

GLI SPETTACOLI 
IN SCENA IN ITALIA

LA GIOCONDA (ph Brescia-Amisano)


Un libretto a tratti farraginoso ed una musica che alterna pagine ispirate ad altre più convenzionali hanno condotto questo drammone ipertrofico fuori dal repertorio, al punto che una sua riproposta al giorno d’oggi ha un’accezione più museale che di vera e propria attualità.

Una Venezia liquida ed irreale

La vera protagonista dell’opera è la città di Venezia, che il regista Davide Livermore reinterpreta in chiave onirico-cinematografica: una sorta di incubo ispirato ai disegni di Moebius cui si intrecciano citazioni felliniane e kubrickiane. Le scene stilizzate di Giò Forma e le luci cupe di Antonio Castro proiettano la vicenda in una Serenissima liquida ed irreale, popolata da maschere inquietanti (costumi di Mariana Fracasso) in cui i festeggiamenti del carnevale sembrano assumere più i tratti di una danza macabra.

LA GIOCONDA (ph Brescia-Amisano)

 

LA GIOCONDA (ph Brescia-Amisano)


Ogni cambio scena è caratterizzato da una visione dal basso del soffitto di Palazzo Grimani al centro del quale campeggia un dipinto che riassume o anticipa quanto accade in scena, quasi si trattasse della materializzazione di un sogno.

La regia, nonostante il dispiego di mezzi, peraltro più sobrio rispetto a quello cui Livermore ci ha abituati, si dipana in maniera tradizionale. Ad eccezione di un paio di momenti veramente suggestivi, quali il finale del primo atto in cui il rosone della chiesa si dissolve in perfetta simbiosi con la musica, ed il duetto tra Alvise e Laura ambientato all’interno di una Ca’ d’Oro semitrasparente che ruota su sé stessa, l’impianto rimane sostanzialmente classico e non bastano il viavai di scenografie ed i giochi di luce a ravvivarlo. 

Le scene di massa appaiono statiche e non mancano alcune scelte tra il didascalico ed il kitsch tipo l’angioletto calato dall’alto che poi torna ripetutamente in scena portando un globo luminoso.

LA GIOCONDA (ph Brescia-Amisano)

Buone le voci con qualche perplessità per la direzione

Alterno il versante musicale che peraltro durante le prove ha scontato l’abbandono per motivi di salute dei due protagonisti originariamente previsti. Irina Churilova è una Gioconda dalla voce imponente, soprattutto nel registro centrale mentre gli acuti a volte sembrano raggiunti in maniera un po’ fortunosa. Il soprano russo opta per un’interpretazione in chiave verista a tratti sommaria nel fraseggio. 

Analogo il discorso per l’Enzo di Stefano La Colla che, nonostante il bel timbro lirico e una certa facilità nell’acuto, difetta nel fraseggio e nell’interpretazione che risulta spesso monocorde. Più sfumato ed incisivo il credibile Barnaba di Roberto Frontali, nonostante all’inizio abbia dato l’impressione di una non perfetta forma vocale. 

LA GIOCONDA (ph Brescia-Amisano)


I migliori in scena sono senza dubbio i coniugi Badoèro: la Laura di Daniela Barcellona si caratterizza per una linea di canto perfetta ed un timbro suadente che contribuiscono ad un’interpretazione straordinaria, mentre l’altero e sprezzante Alvise di Erwin Schrott conquista nell’aria Sì morire ella de’ il più caloroso applauso a scena aperta della serata. Intensa e convincente anche la Cieca di Anna Maria Chiuri

Tallone d’Achille della produzione la direzione corretta ma generica, quando non eccessivamente fragorosa, di Frédéric Chaslin. Esce come sempre a testa alta il Coro del Teatro alla Scala, qui integrato dall’ottimo Coro di voci bianche, anche se sotto altre bacchette ci aveva abituato a ben altri risultati. Pregevole la prova degli allievi della Scuola di ballo dell’Accademia nella Danza delle ore.

Al termine applausi convinti da parte di un teatro praticamente esaurito con qualche dissenso rivolto soprattutto al direttore.

Visto il 14-06-2022
al Teatro Alla Scala di Milano (MI)