Lirica
LA RONDINE

La rondine vola, con una Magda ammirevole come Mariangela Sicilia

La rondine
La rondine © Ennevi

E' l'unica opera di Puccini che non sfocia in tragedia e non fa vittime, La rondine che vediamo in scena al Teatro Filarmonico di Verona - Gianni Schicchi a parte, ovviamente – poiché descrive solo un tenero sogno d'amore destinato ad infrangersi nella realtà. E nel contempo si pone fra le più trascurate, facendo raramente capolino nei cartelloni nostrani. 

Qui, per dire, era assente da ben ventidue anni. Né il centenario della scomparsa di Puccini smuove la situazione: ad inizio stagione 2023/24 è apparsa a Jesi e Torino, a breve si vedrà alla Scala nell'edizione critica Ricordi appena pubblicata. Andrà poi a fine anno al Teatro Coccia di Novara, che ha coprodotto l'allestimento che vediamo, ma con cast un po' diverso. Cinque edizioni in tutto, dunque. Mentre le Bohème, Tosca e Butterfly non si contano.

Galeano Salas e Mariangela Sicilia

Una partitura intrisa di meraviglie sonore

Eppure La rondine è partitura orchestrale fra le più raffinate, eleganti, moderne di Puccini, dove il tenue intreccio, spruzzato di cinismo ed ironia, e l'inesausta inventiva melodica trovano congruo sostegno nella varietà di colori e di ritmi – con il valzer a farla da padrone – e nei tipici stilemi pucciniani, tutti qui presenti. Vale a dire: fluido canto di conversazione, gemme timbriche sparse a piene mani, cambi inaspettati di tonalità e passaggi cromatici, scale pentafoniche e quinte parallele, finissimo impiego di leit-motiv e controllato uso di dissonanze. 

Facendo un accorto uso di danze di importazione, come il tango, il fox-trot, l'one-step, lo slow fox, anche per immergerci nell'ambiente colorito e gioioso del Bal Bullier. Che sia da preferire il primigenio finale di Monte Carlo, con Magda che trova il coraggio di desistere da un sogno impossibile, o quello della versione di Bologna, con Ruggero che la discaccia avendo scoperto la sua condotta peccaminosa, lo lasciamo al parere (ed al gusto) d'ognuno.

Due protagoniste: Magda e l'Orchestra

Resta peraltro opera difficilissima, da non prendere sottogamba. Non lo fa di sicuro Alvise Casellati il quale, ben assecondato dall'Orchestra areniana, imbocca la strada giusta e porta a compimento una concertazione cristallina, di esemplare nitore e leggerezza, dall'andamento ritmico sinuoso ed elegante. Sotto di lui l'orchestra veramente sembra 'cantare', stendendo sotto i cantanti un prezioso tappeto di suoni. Difficile fare meglio di così.

Quanto alla protagonista, Mariangela Sicilia è una Magda prossima alla perfezione. La tessitura del ruolo, estesa ed impervia, e sovente proiettata in alto, non costituisce un problema per lei. La voce in sé, poi, è luminosa, morbida e limpida; ed il fraseggiare caldo, scorrevole e fantasioso. Quanto al personaggio, lo vediamo totalmente realizzato, passando dall'annoiata mantenuta alla spontanea grisette, trionfando nel travolgente slancio verso Ruggero prima, nell'amaro abbandono del nido d'amore poi.

Mariangela Sicilia

“Il bel sogno di Doretta...”

Ruggero che, in questo caso, è Galeano Salas, già apprezzato Rodolfo nella Bohème veronese del dicembre 2022. Ha voce prestante, estesa, indubbiamente bella e solare; voce scintillante, che corre agile per il pentagramma, con bei chiaroscuri e freschezza di fraseggio. Il giovane tenore mexican-american ha dalla sua pure il giusto physique du rôle, e sa rendere bene tanto l'impaccio del giovine provinciale al suo primo arrivo a Parigi, quanto l'accendersi della passione per Magda.

L'altro tenore, Matteo Roma procede con scioltezza vocale e balda sicurezza nei continui incisi parlati che Puccini affida al fatuo Prunier, poeta bizzarro ed originale, plasmandolo con idonea verosimiglianza. Personaggio un po' insidioso – divenire stucchevole è un rischio concreto – è quello della frivola Lisette, ma Eleonora Bellocci se la cava assai bene, riuscendo sempre spigliata e spiritosa.

Mariangela Sicila, Galeano Salas, Matteo Roma ed Eleonora Bellocci

Oh! La strana baraonda!

Tutto centrato l'affiatato stuolo di comprimari, principiando dal sardonico e smaliziato Rambaldo del bravo Gëzim Myshketa. Proseguendo, Amelie Hois impersona Yvette e Georgette; Sara Rossini Bianca e Lolette; Marta Pluda Suzy e Gabrielle; Gillen Monguia è Gobin e Adolfo; Renzo Ran, Perichaud e Rabonnier, Carlo Feola, Crebillon e il maggiordomo. Per finire, diremmo che il Coro areniano, posto sotto le mani di Roberto Gabbiani, offre senz'altro una buona prova.

Mariangela Sicilia e Matteo Roma

Inneggiamo all'amore, alla vita

Resta da dire della regia di Stefano Vizioli, che appare un prezioso esempio di vivida teatralità conseguita con accurato dosaggio scenico, e con mezzi tutto sommato semplici, senza cervellotici voli pindarici. Regia mai d'intralcio alla musica, sostenuta anzi con massima intelligenza, che procede davanti a noi fluente e garbata; regia costruita con fine poesia anche nella vorticosa scena della sala di Bullier, ravvivata dalle colorite coreografie di Pierluigi Vanelli

Quale scenografo, Cristian Taraborelli procede con mano leggera, ponendo suggestivi sfondi – nel primo atto, un nudo di Modigliani, poi Parigi di notte, e via dicendo – e in palco gli arredi giusti. Forse non capiamo l'enorme testa che incombe sull'incontro fatale, ma sarà colpa nostra. Ben caratterizzati i costumi disegnati da Angela Buscemi; ineccepibili le luci di Vincenzo Raponi.
 

Visto il 18-02-2024
al Filarmonico di Verona (VR)