La seconda sorpresa dell’amore di Marivaux è un debutto assoluto sui palcoscenici italiani; prima non era mai stato tradotto né pubblicato nella nostra lingua: curioso dettaglio, per un autore che durante tutta la sua vita preferì lavorare con il Théâtre des Italiens e non con la Comédie Française.
Marivaux, infatti, considerava gli attori italiani - eredi della Commedia dell’Arte - più capaci di raccontare, con i gesti e un eloquio ossessivo, il percorso delle emozioni e dei sentimenti che si ribellano al controllo della ragione e del buon senso.
GLI SPETTACOLI
IN SCENA IN ITALIA
Le sfumature dell’amore
In questa raffinata commedia, sei personaggi si confrontano sul tema dell’amore, tra struggimenti intrighi e risate. I due protagonisti, una Marchesa, rimasta vedova ancora giovane, e un Cavaliere, abbandonato dalla sua amata, rifiutano l’amore per paura di soffrire troppo.
In un avvincente percorso di emozioni, attraverso l’amicizia – sentimento nobile, ma alquanto insidioso – i due vivono la sorpresa di (ri)scoprire l’amore. Un amore che c’è sempre stato, dominando la scena, fin dal primo incontro; ma che è ancora tutto da comunicare e, soprattutto, condividere con l’altro.
Daria Pascal Attolini e Lorenzo Gleijeses fanno emergere con sicurezza e maestria tutte le sfumature di questo complicato e, a tratti, infido percorso che conduce all’amore: dalla ostinata gamma di sospiri per l’amore perduto, alla malizia,fino alla gelosia, che tiene acceso l’umano bisogno di sentirsi tenuti in considerazione dall’oggetto delle nostre passioni.
Libera costruzione dei personaggi
Il merito del regista Beppe Navello è, senza dubbio, quello di lasciare ai propri attori la completa libertà di lavorare sul personaggio, senza trascurare i canoni della Commedia dell’Arte, tra cui sicuramente il dialogo con il pubblico e la postura ammiccante.
Marcella Favilla, nei panni dell'irriverente Lisetta, è l’autentico deus-ex-machina della commedia, un personaggio tra il plautino e il goldoniano; insieme a Stefano Moretti/Lubino (lo scanzonato “salame” della situazione) fanno scintille.
Fabrizio Martorelli interpreta con arguta e divertente nonchalance il precettore Ortensio, una sorta di Iago shakespeariano, mai viscido, ma decisamente fissato con Seneca.
Si tratta del personaggio più controverso del testo, oggetto della critica dell’autore nei confronti degli intellettuali del suo tempo: assolutamente da non trascurare è, infatti, l’ambientazione della vicenda: il “secolo dei Lumi”, l’epoca della Ragione trionfante, che ha visto Marivaux (sul piano drammaturgico e letterario) in aperta contrapposizione agli intellettuali “illuminati”.
Tuttavia, dallo smascheramento delle intenzioni di Ortensio, la vicenda prosegue quasi inspiegabilmente, con il superfluo tentativo di un Conte (Giuseppe Nitti) di tenere separati i due protagonisti.
La regia di Navello asseconda l’ironia del testo, sebbene alcune scelte risultino discutibili, in particolare a livello scenografico: la scena “compulsivamente nera”, in una sorta di perenne “vedo/ non vedo”, non facilita il coinvolgimento (perlomeno visivo) del pubblico; neanche quando, al risolversi degli equivoci, vengono srotolati in scena verdi tappeti erbosi e petali colorati sopra le teste dei due innamorati.