Scenografia varia e desolata. Alcune lanterne, un microfono, una poltrona e un tavolino. Un vecchio telefono è appeso al soffitto. E più in là uno spazio che simula un camerino.
È La terra desolata, in scena al Teatro Oscar di Milano dal 12 al 16 febbraio 2014, prodotto da PACTA dei Teatri, regia e interpretazione di Anning Raimondi sulla traduzione di Roberto Sanesi. Lo spettacolo è inserito nel Programma Autunno Americano organizzato dal Comune di Milano quale omaggio all’arte statunitense.
La rappresentazione è parte della rassegna Progetto Cocktail Eliot, una serie di quattro spettacoli in omaggio a Thomas Stearns Eliot: aperta da Eliot 4 quartetti, prosegue con La terra desolata, al diciannovesimo anno di repliche, seguita da Cocktail party per fine con lo spettacolo concerto CATS e altri gatti pratici… dei Navigli!
T. S. Eliot, nato nel Missouri nel 1888, trasferitosi a Londra e naturalizzato britannico, è uno dei più grandi drammaturghi moderni. Nobel per la letteratura nel 1948, fece inoltre parte del cosiddetto modernismo, movimento trasversale alle arti e sviluppatosi fra il 1912 e la seconda guerra mondiale. Tra le sue più note opere vi sono Il canto d'amore di J. Alfred Prufrock, La terra desolata, Gli uomini vuoti, Quattro quartetti, Assassinio nella cattedrale e The Cocktail Party.
La terra desolata fu composta da Eliot nel 1922 con l’aiuto dell’amico poeta Ezra Pound il quale suggerì i tagli da apportare per la sintesi finale. Divisa in cinque atti, si rifà ai poemi medievali riprendendo il tema del Graal ed è, inoltre, arricchita da molte citazioni di autori quali Dante, Baudelaire, Ovidio, Sofocle, Petronio, Wagner, Jessie Weston e si propone come una dissertazione totale sulla condizione moderna dell’uomo e sulla sterilità rispetto al passato, provocando un senso di spaesamento e shock allo spettatore.
Rivolto a un pubblico di nicchia, tra appassionati di Eliot, studenti e alcuni spettatori inglesi, l’interpretazione di Anning Raimondi è eccezionale, vivendo completamente la parte. A chiusura dello spettacolo, come per un parallelismo tra le note di Eliot a chiusura del poema, la stessa Raimondi spiega la rappresentazione e si apre alle domande del pubblico: “Avevo bisogno di scoprire un linguaggio più elevato, in contrasto con l’abitudine teatrale di abbassare il registro per rendere le opere più fruibili ed è così che mi sono avvicinata a questo testo. Ho scoperto un linguaggio che è alchimia, a metà fra umano e divino, pescando tra mito e tragedia greca. E dopo tanti anni in scena, a ogni replica, ho ancora il piacere di riscoprire qualcosa di nuovo. La frammentarietà dell’opera, l’uso del correlativo oggettivo di Eliot, la trama di fondo non evidente ma che emerge per associazioni, in qualche maniera stupiscono o shockano sempre. In tutti questi anni non mi stufo mai e penso che lo inscenerò sempre!”