Sala piena alla prima, sala piena nelle repliche seguenti. Né poteva essere altrimenti, proponendo in apertura di stagione un must del repertorio lirico qual è La traviata, pur se al Teatro Verdi di Trieste dal 2000 contiamo ben produzioni succedutesi.
Quest'ultima vede quale regista Arnaud Bernard, il quale sceglie un approccio un po' minimalistico – pure le pertinenti scene di Alessandro Camera lo sono, nella loro estrema sobrietà – impostando uno spettacolo che nell'insieme risulta efficace, recitato con accuratezza, improntato ad un buon andamento narrativo.
Più luci che ombre in regia
Proprio originale, però, no. Alcune soluzioni son già viste, come l'impiego del 'solito' doppio di Violetta, o le ripetute copule con l'amato Alfredo. Oppure l'artificio, alla festa dell'atto primo, d'un fermo immagine che immobilizza a tratti il coro degli invitati; od il tripudio di ambigue, bizzarre, liquide sessualità, al posto delle zingarelle della festa di Flora. Soluzione, questa, appena incontrata anche ne Un ballo in maschera a Busseto.
Quello che ci piace
Efficaci immagini incontriamo ad ogni modo nel serrato dipanarsi della scena in campagna, in cui spicca il forte disegno di Germont padre squadrato e severo, pronto ad appioppare un sonoro manrovescio ad un figlio irragionevole, perché quanno ce vò, ce vò; ed infine nell'avvincente, desolato finale, quadro drammaticissimo, ferrigno e spietato. I costumi di Carla Ricotti ci portano dritti in una Parigi di metà Novecento, ed agli atelier di alta moda d'allora. L'espressivo impianto luci di Emanuele Agliati dà risalto ad ogni situazione.
Una concertazione 'toscaniniana', spedita ed asciutta
Salito al podio dell'Orchestra del Verdi - precisa, efficiente e flessibile - presiede sul tutto Enrico Calesso. Ci consegna una lettura nitida e precisa, quasi millimetrica, sempre rispettosa di quanto Verdi annotò a margine del rigo, estremamente attenta al lavoro degli interpreti; lettura che desta in noi la percezione di una vigorosa asciuttezza, e della ricerca di una forte tensione drammatica; di stampo toscaniniano, vien da dire, sopra tutto nei due intensi Preludi. Non sempre all'altezza del solito standard il Coro preparato da Paolo Longo, per qualche occasionale sfasamento nella sezione maschile. Efficente comunque tutto nell'assolvere un consistente impegno recitativo.
Violetta di alto livello
Maria Grazia Schiavo esibisce espressività vocale, diligenza, morbidezza di tessuto, facilità agli acuti e buona agilità nelle colorature, personificando bene la fragilità di Violetta, quel suo carattere estroverso di fuori, ma intimamente insicuro e nevrotico. Ammirevole tanto nello slancio sognante di «E' strano! E' strano!», quanto nella dolcezza straniante di «Così alla misera», e nel lancinante spasimo di «Addio del passato».
Anche Antonio Poli convince appieno: risolve l'imberbe - psicologicamente parlando - carattere di Alfredo con irruente baldanza, ed irrazionale slancio giovanile, esibendo ammirevole e luminoso smalto vocale, in cui spicca non solo l'intelligente fraseggiare. Una prestazione che va man mano in crescendo, trovando alla fine l'opportuna misura di disperato rammarico.
Un padre severo, un baritono d'eccellenza
Il vero mattatore di queste recite triestine – anche a parere d'un pubblico generosamente plaudente – resta tuttavia Roberto Frontali, poiché il suo Giorgio Germont rivela un ragguardevole lavoro interpretativo, al quale soccorre la maturità e la lunga esperienza dell'interprete: nobiltà d'accento, volume tornito e possente, finezza di fraseggio, magistrale senso dei colori, sublimità di sentimenti. In questa sua configurazione senile non manca nulla.
Savia scelta e bilanciamento di voci troviamo anche nei tanti coprotagonisti. Cominciamo col ricordare l’ottima, vitalissima Flora del mezzosoprano Eleonora Vacchi, e l'eccellente Annina del soprano Veronica Prando. Poi i bassi Francesco Auriemma (d’Obigny) e Andrea Pellegrini ( Grenvil), ed il baritono Francesco Verna (Douphol). Tutti irreprensibili. Per finire, Gianluca Sorrentino (Giuseppe), Giuseppe Oliveri (un domestico di Flora), Damiano Locatelli (il Commissionario).
Ricordiamo che nel secondo cast figurano quali interpreti principali Francesca Sassu (Violetta), Klodian Kaçani (Alfredo)e Federico Longhi (Germont).