Grande attesa per questa Vedova allegra in lingua originale al Teatro dell’Opera di Roma. Novità della versione di Michieletto è l’ambientazione.
Grande attesa per questa Vedova allegra in lingua originale al Teatro dell’Opera di Roma. L’operetta più amata di cui tutti ricordano le arie e le danze nelle mani sapienti e talvolta irriverenti del regista veneziano ha stimolato la curiosità del pubblico romano che è accorso al Teatro Costanzi a verificare. La vera novità è stata la versione in lingua originale, il tedesco del testo attenua quel sapore macchiettistico delle abituali versioni in italiano, ma lascia inalterato il clima festoso e leggero che ha affascinato generazioni di spettatori.
Una banca di provincia e una balera
Altra novità della versione di Michieletto è l’ambientazione: non più la fastosa ambasciata parigina e i saloni di Maxim in piena belle époque, ma una dimessa banca di provincia negli anni ’50 in crisi finanziaria, la Pontevedro Bank, una di quelle banche popolari dove generazione dopo generazione i residenti depositano i loro risparmi, con una balera e tanto di palco con orchestrina rock.
La musica c’è, manca la danza
Il resto della messa in scena è piuttosto convenzionale, senza nemmeno troppe concessioni alla danza che vede un limitato gruppo di mimi-danzatori interagire con una sommaria coreografia. Questo forse è il principale sacrificio rispetto alle versioni della tradizione. Nella balera non si balla il Can can, ma si accenna qualche passo di rock and roll e di twist.
Danilo, ben interpretato dal simpatico e accattivante Paulo Szot, non è lo sfaccendato bon vivant della versione originale ma uno spiantato e modesto impiegato della banca, e le grisettes che nella versione originale allietano i clienti di Chez Maxim può solo sognarle, mentre si appisola sulla scrivania del suo dimesso ufficio. Qualche trovata simpatica, come quella del valzer della coppia di anziani nella balera o la voce fuori campo in romanesco che fa ripartire l’azione, alleggerisce una regia piuttosto statica.
Il vero protagonista musicale è il coro
L’orchestra diretta da Constantin Trinks è puntuale e brillante, anche se talvolta sembra coprire un po’ troppo le voci corrette, ma non esuberanti dei protagonisti. Grande presenza scenica e disinvoltura nei movimenti coreografici delle due protagoniste femminili, Nadia Mchantaf nella parte di Hanna Glavari e Adriana Ferfecka nella parte di Valencienne.
Altro personaggio centrale è il genietto Njegus che con le sue magie risolve le situazioni imbarazzanti, qui interpretato senza una adeguata agilità dall’attore-mimo Karl-Heinz Macek.
Efficace e brillante come sempre la prestazione del Coro del Teatro dell’Opera diretto da Roberto Gabbiani.