“E se qualcuno ti chiedesse: ma perché nun scioperi, nun manifesti, nun t’arrabbi?” “Tu gli dici che non puoi, perché se alzi la testa te la tagliano, perché sei negro e se scioperi ti licenziano e se ti licenziano ti cacciano via da casa, e se ti cacciano via di casa diventi un barbone che dorme e piscia davanti al supermercato”.
E’con un bellissimo discorso con se stesso, scandito dai ritmi incalzanti della fisarmonica suonata energicamente da Gianluca Casadei, che Celestini ci porta all’interno della sua Sacra Famiglia urbana. Una realtà semplice e comune quella che si apre di fronte allo spettatore, con una sceneggiatura fatta di casse d'acqua vuote e lampadine da 5 euro dell'Ikea, popolata da personaggi realistici, fatta da ubriaconi con il demone nella bocca che gli trasforma il caffè in Sambuca e le monete in gettoni di plastica.
Vite di quartiere di periferia, dove Dio ha abbandonato le vite di chi ci abita e i miracoli sono fatti sempre e solo da persone comuni, reali e vive, e mai dai santi ingarbugliati in una burocrazia celeste troppo macchinosa, per non parlare delle autorità, in assetto antisommossa contro i più bisognosi.
L'attualità raccontata da persone semplici
Con Laika, Celestini tocca temi attuali, concreti e complessi come l’immigrazione, il lavoro sottopagato,la dicotomia tra scienza e religione, la malattia mentale e il disagio sociale, affidando ai suoi personaggi più umili il compito di spiegare la complessa situazione delle periferie, per di più a un uditore scettico, impaurito da ciò che non conosce, e abituato a quello che si dice in televisione.
La trama dello spettacolo si districa attraverso le storie dei suoi personaggi che Celestini ci introduce uno a uno, non tralasciando nessun dettaglio e senza utilizzare mezzi termini: la mignotta, che non monetizza il tempo, "i facchini negri con il privilegio di un contratto a tempo indeterminato", l'impicciata, donna con l’Alzheimer che per non perdersi i pezzi della sua vita incasinata li scrive, e la vecchia, che incarna la saggezza di una donna che ha imparato le cose dai libri presi in prestito della biblioteca comunale e con la sua stessa vita.
Lo spettacolo si prefigge un obiettivo molto complesso, quello di tessere la trama di un ritratto di una periferia che potrebbe essere in qualunque parte d'Italia o del mondo, compito che Celestini con la sua Laika riesce a fare egregiamente, attraverso il racconto sincero di un quotidiano polveroso ma ricco di significati e spunti di riflessione, il tutto attraverso un monologo ricco di poetica saggezza urbana.