Terra d’amuri, scoglio di Cariddi su cui s’infrangono le passioni d’una Scilla indemoniata, Land Lover, la terra dell’amore, è egida su cui si riflettono, infrangono, spettri d’amore a media frequenza, desiderata mai appagati, voglie istintuali ed incomprensioni vibratili come diapason nella notte. Un ottenebramento che pervade quell’oscuro oggetto del desiderio chiamato “Amore”. Gianfranco Berardi firma testo e regia d’una pièce delirante eppur lineare: la sua Land Lover è terra aspra per cuori artigliati, pronti a tutto per appagare il desio, e fragili al contempo, tumultuosi, palpitanti, scettici e in contemplazione; ai piedi d’un sancta sanctorum itinerante come tabernacolo di madonna posseduto da santone.
E il “Santone” (un ispirato Eugenio Vaccaro) invero arranca, sbraita, percuote, invade lo spazio d’un terminal immaginario, in attesa di adepti in volo a precipizio: sedie in processione, anime da presso, s’assiedono in partenza, uomo, donna, e trans; ultima chiamata, la terra dell’amore richiede sacrificio, invoca vittima ed obolo a cedersi in cambio di speranza. L’Uomo (Roberto De Sarno) è predatore, ossessivo, ossessionato, schiavo d’impulsi belluini, e di materni lemuri pregno; s’attacca alla Donna (istrionicamente, ed “istericamente”, un’ottima Gabriella Casolari) per suggerne l’essenza erotica; sfuggente, la Donna vien percossa da mani preveggenti, il Santone s’accanisce.
Nessuna prece, l’Amore non perdona chi ne teme l’irruenza; chi in esso non si perde, ma solo s’arrovella, di riflesso vien punito. Il Trans «chiamato Desiderio», gazzella inesplorata, s’erge come fusto, eppur si piega se non all’Amore, almeno al suo spettro e surrogato: troppa la speranza, troppa la paura. Cede al ballo sinuoso dei corpi persi al “Paradise”, disco-music per pellegrini erranti nel tempio diroccato di una sessualità irruente, angosce e fremiti da placare; amor non aspetta, il volo è in pista, cicognone di metallo pronto a spiccare.
Fallacia e portanza d’una parabola ascendente, come Icaro di cera, si sciolgono i legami, e basta poco al precipizio; rapida, fugace, è la passione. Ma dove il Vero Amore? Ferita, attonita, rimane la spoglia d’una donna in nuce, Trans sedotta e abbandonata dalla carnalità del momento; s’agita il Santone, oracolo in ambasce per ciechi che non vollero vedere; che l’inganno è perpetrato, gli occhi di lacrime velati. Cosa resta, se non rovine? Perché nessun velo obnubilò con più intensità e sfavillio come l’Amore disvelato. Compagnia unita, tempi serrati: il conto è lineare, forse un pizzico di trasgressione non avrebbe guastato, come spezia su minestra. Sipario.