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LE LEGGI DELLA GRAVITà

Gabriele Lavia si confronta con "Le leggi della gravità"

Le leggi della gravità
Le leggi della gravità

Gabriele Lavia torna sul palcoscenico con uno spettacolo inedito in Italia, un atto unico tratto dal romanzo francese Les lois de la gravité, di Jean Teulé, ambientato in una notte piovosa nel commissariato di Le Havre, in Normandia.

Una donna (Federica di Martino) si reca dalla polizia per autodenunciarsi, sostenendo di aver ucciso il marito dieci anni prima, spingendolo giù dal balcone. Si imbatte in un vecchio commissario, prossimo alla pensione (Lavia) e nel suo impacciato, ma volenteroso sottoposto (Enrico Torzillo, che con la sua interpretazione lascia un’efficace impronta di leggerezza in un dramma psicologico apparentemente senza via d’uscita).

GLI SPETTACOLI
IN SCENA IN ITALIA

Giustizia vs burocrazia

Il duello emotivo che si instaura tra i due protagonisti tende a estremizzare le istanze di entrambi (e i rispettivi ruoli nella vicenda): da un lato, il bisogno della colpevole di rispondere a una pressione morale che la sta schiacciando; dall’altro, la granitica disillusione del commissario nei confronti di una missione ormai in balìa della burocrazia. Emblematica, in questo senso, l’amara e consapevole distinzione tra senso della Giustizia e amministrazione della giustizia.


Quando il commissario si accorge che, allo scoccare della mezzanotte, il reato andrà in prescrizione, cerca di temporeggiare in qualsiasi modo, perché ha capito che la donna ha reagito alle continue violenze e vessazioni da parte del marito.

Il rovinoso e inaspettato crollo della scenografia di Alessandro Camera (con tanto di orologio bene in vista che scandisce lo scorrere del tempo) sui faldoni di pratiche che “abitano” l’ufficio, sancisce l’ineluttabilità della legge di gravità fisica e, metaforicamente, la giustizia che si arrende alla burocrazia.

Un “travet” ormai rassegnato

Proprio come un “travet” del nuovo millennio, sconfitto dalla mortificante ruotine quotidiana del funzionario pubblico, Gabriele Lavia si trascina sul palcoscenico, restituendo il ritratto di un uomo rassegnato, benché consapevole dei propri fallimenti, sui quali può ancora amaramente ironizzare.

Federica di Martino incarna con delicatezza convincente la profonda disperazione di una donna dilaniata tra il senso di colpa e un radicato senso di giustizia, bilanciati da un momento di poetica condivisione con il suo interlocutore circa la realizzazione di dipinti mediante la tecnica della sabbia colorata.

E il rumore di pioggia battente, interrotto solo dai treni che passano al di là della finestra, scandisce l’incontro di due cupe esistenze, in una drammatica calma apparente.
 

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Visto il 15-06-2021
al Carignano di Torino (TO)