Il Teatro Alla Scala ha riaperto gli spettacoli operistici al pubblico riallestendo le Nozze di Figaro di Wolfgang Amadeus Mozart nella celebre produzione realizzata da Giorgio Strehler nel 1981 e ripresa da Marina Bianchi in occasione dei 100 anni dalla nascita del regista triestino.
Uno spettacolo che ha fatto la storia della Scala
Si tratta di uno spettacolo che ha segnato la storia del teatro milanese degli ultimi quarant'anni e che, nonostante l'età, conserva il suo fascino. Una regia lineare, apparentemente semplice ma di grande eleganza, il cui unico difetto è forse quello di essere un po' troppo composta e di ovattare quella componente di erotismo che permea l'intera partitura. Questo tuttavia va probabilmente imputato anche alle norme anti covid che ancora impongono di contenere la fisicità, tendendo ad ingessare gli artisti sul palcoscenico.
È tuttavia impossibile trattenere l’emozione ad ogni apertura di sipario sulle suggestive e solari scene di Ezio Frigerio all'interno delle quali agiscono i personaggi nei bellissimi costumi di Franca Squarciapino e non entrare in piena sintonia con l’articolato gioco di intrighi che governa la vicenda.
Ben equilibrato il cast, qualche perplessità sulla direzione
In senso e diametralmente opposto si è mossa la direzione di Daniel Harding, che a tanta luminosità e cartesiana semplicità ha contrapposto una concertazione ricca di contrasti, a tratti quasi brusca, tesa ad esaltare le tensioni e le nevrosi che sottendono ai rapporti interpersonali. Ogni singolo numero risultava quindi caratterizzato a sé, scelta che si traduceva in una frammentazione della narrazione che spesso risultava lenta e poco omogenea e che sembrava riacquisire compattezza solo nei concertati di fine atto.
Decisamente positivo invece il giudizio sulla compagnia di canto, in cui spiccava la coppia di giovani innamorati. Nel ruolo del titolo Luca Micheletti, attore e regista che da non molto ha intrapreso anche la carriera di cantante e qui al suo debutto scaligero, si è rivelato un interprete eccellente. Dotato di un bellissimo timbro brunito e di grande musicalità, grazie ad un perfetto sillabato la sua interpretazione è risultata ricchissima di sfumature sia nel canto che i nei recitativi.
Timbro luminoso, fraseggio elegante e grande espressività hanno caratterizzato anche l’ottima Susanna di Rosa Feola, applauditissima nell’aria “Deh vieni o gioia bella”. Nonostante questo personaggio per la sua intrinseca vitalità risultasse il più penalizzato dalla lettura di Harding. La contessa di Julia Kleiter si caratterizzava per la solida linea di canto e l’eleganza nel fraseggio, mentre Simon Keenlyside è stato un conte dal timbro appannato cui ha compensato con il grande carisma e l’indiscutibile presenza scenica.
Il Cherubino di Svetlana Stoyanova è andato in crescendo nel corso della rappresentazione, ottenendo un successo personale in “Voi che sapete” eseguita con alcuni abbellimenti. Convincenti gli altri interpreti ovvero Anna-Doris Capitelli (Marcellina), Andrea Concetti (Bartolo), Matteo Falcier (Don Basilio), e Caterina Sala (Barbarina). Come sempre impeccabile il coro scaligero diretto da Bruno Casoni.
Al termine lo spettacolo è stato salutato da un caloroso successo.