Una prima assoluta ha inaugurato il XXXVIII Rossini Opera Festival, Le siège de Corinthe, proposta nell’edizione critica realizzata da Damien Colas; rispetto alla partitura del 1826, sulla quale si sono basate le poche rappresentazioni precedenti, la nuova versione ricalca quella originale come venne eseguita alla prima. Composta per l’Opéra di Parigi, Le siège de Corinthe è un radicale rifacimento di Maometto II, scritto nel 1820 per il Teatro di San Carlo di Napoli.
Una distesa arida di bottiglie di plastica
Il collettivo catalano La fura dels Baus debutta al ROF e in Rossini. Il regista Carlus Padrissa parte dall'idea che le guerre si combattono per svariati motivi, in questo caso l'acqua. La scena fissa dello stesso Padrissa è un piano inclinato di terra riarsa e screpolata, sopra la quale sono ammassate grandi bottiglie di plastica vuote (idea registica e scenica non molto distante dal Nabucco dello Sferisterio del 2013). Nel Siège caratterizza la messa in scena l'apporto di Lita Cabellut con video ed elementi scenici e pittorici di significato non sempre chiarissimo, immagini di metalli liquidi, grandi ritratti figurativi, suggestioni astratte e colorate. Suoi anche i costumi atemporali, stoffe morbide e scivolose con macchie variopinte che, solo per i turchi assedianti, si mescolano al rosso sangue. La regia sfrutta anche la platea per i movimenti, soprattutto del coro, ma, nonostante ciò, risulta abbastanza statica. Discutibile la scelta di mantenere la musica dei balli nel secondo atto senza far succedere nulla in scena se non un breve momento di lotta per una bottiglia di acqua. All'inizio e nel secondo atto vengono proiettati ampi passaggi del poemetto di Lord Byron L'assedio di Corinto, mescolando in questo modo efficacemente la lotta per l'indipendenza nell'Ottocento con quanto narrato dal libretto (ambientato a fine Quattrocento) e avvicinandoli all'epoca contemporanea.
Debutta a Pesaro l'Orchestra della RAI
Altro debutto al ROF è quello dell'Orchestra sinfonica nazionale della RAI che ha convinto senza riserve nelle mani del direttore Roberto Abbado. I tempi sono ben delineati, il suono compatto e vibrante; ampio risalto ai momenti di grande carica drammatica senza trascurare l'intimità di quelli più lirici. Luca Pisaroni è un Mahomet II tonante e mai eccessivo, John Irvin un Cléomène regale e ieratico, Nino Machaidze una Pamyra di grande fascino e dalla voce estesa e controllata, Sergey Romanovsky un Néoclès di grande intensità a lungo applaudito, Carlo Cigni un appropriato Hiéros. A completare il cast e formatisi all'Accademia rossiniana, Xabier Anduaga (Adraste), Iurii Samoilov (Omar) e Cecilia Molinari (Ismène). Il Coro del Teatro Ventidio Basso è stato ottimamente preparato da Giovanni Farina.