Lirica
L'ELISIR D'AMORE

L'elisir d'amore, un trionfo per Francesco Meli e Daniele Menghini

L'elisir d'amore
L'elisir d'amore © Roberto Ricci

L'elisir d'amore di Donizetti è una delle opere più atte a scatenare l'inventiva di registi, scenografi e costumisti. Capaci ad esempio di trasporre la storia in una pompa di benzina dell'Arizona, con Nemorino travestito da pollo a far pubblicità ad un chiken & chips. Oppure sotto il tendone d'un circo, in un campo di grano abitato da minuscoli elfi, in una moderna spiaggia affollata di chiassosi bagnanti.

Un mondo incantato di burattini e marionette

Neppure nella nuova versione del Teatro Regio di Parma si scherza, però Nemorino stavolta è un amorevole costruttore di burattini, una sorta di Geppetto (e difatti la storia di Pinocchio sbuca qua e là) mentre Adina è una sua creazione, la quale mentre dorme s'anima e prende vita. 

Di qui il palcoscenico prende a popolarsi di figure fantastiche, tra burattini 'veri' – sono quelli di Daniela e Giordano Ferrari, eredi della celebre dinastia parmense di teatranti - ed una moltitudine di marionette e di burattini 'finti', impersonati da un solerte drappello di mimi e danzatori, e dai bravissimi coristi.

Un apparato scenico brulicante d'idee e di Collodi

E' un apparato scenico sorprendente, brulicante di idee, fatato e intriso di fine poesia. Una volta messo da parte lo sconcerto iniziale, si rivela perfettamente funzionale allo scopo che il regista Daniele Menghini, il scenografo Davide Signorini e la costumista Nika Campisi si sono proposti: quello di far sognare anche noi. 

Un apparato che porta con sé un turbinio di idee, di preziosi dettagli, di piccole e graziose controscene, arricchito da bellissimi e mirabolanti costumi, rischiarato dal soffuso lume di candela ricreato da Gianni Bertoli. Dietro, si intravede un maniacale lavoro di preparazione e di messa a punto. Cosa non comune, in verità.


Tutto quanto vediamo ci parla un po' di Collodi, un po' di letteratura per l'infanzia; e molto di teatro, quello rivolto ai più piccini. Adina ci ricorda la Fatina Turchina; in scena arriva un Pinocchio animato da due giganteschi conigli; il laboratorio di Nemorino, fra trucioli e segatura, accoglie il teatrino di Mangiafuoco, cioè un Dulcamara che poi è Bargnocla, antica maschera parmense dal rubizzo bernoccolo in fronte. 

Il troppo però storpia, ed alla fine si rinuncerebbe volentieri a qualche trovata sopra le righe, come quella di Nemorino soldato/burattino retto da una incombente manona, od al satanico Grillo Parlante che rode una gamba di legno, od al grande cuore anatomico sospeso sopra il banchetto nuziale.

Per Francesco Meli un autentico trionfo

Il ritorno al Regio di Parma segna per Francesco Meli un trionfo personale. Anche se il suo repertorio da tempo punta altrove, il suo raffinato Nemorimo, più prossimo a Bergonzi che a Gigli e Schipa, risulta spontaneo e completo nel carattere di tenero sognatore, finemente cesellato nel fraseggio e poggiato su d'una linea vocale calda e prodiga di colori. 

Il ripiegamento introspettivo de «Una furtiva lagrima» segna l'apice della serata: per la morbida grazia che Meli sa infondervi, per il serico timbro, per certi filati ammirevoli. Fatale il bis, richiesto a gran voce dalla sala, e cantato ancor più dolcemente, ad occhi chiusi, en souplesse, intonato quasi solo per sé. Due momenti di magia: alla fine della recita, gli applausi più calorosi sono per lui.


Nina Minasyan canta con luminoso garbo, non sbaglia una nota e sale agli acuti con facilità. La voce magari non sarà di quelle molto generose di volume, ed ha ridotto spessore nei centri; ma ci piace la cristallina limpidezza ed il gradevole timbro, e recitando sa restituirci tutta la grazia civettuola e un po' naïf della capricciosa Adina

Roberto De Candia entra in scena e mette a frutto l'innata e fine vena comica, porgendo un Dulcamara d'oro zecchino: cantato benissimo, interpretato meglio. Un cialtrone irruente e simpaticissimo, portato avanti con lodevole musicalità. Il giovane baritono Lodovico Filippo Ravizza infonde piacente corporeità al borioso Belcore, grazie alla baldanzosa espressività ed alla facilità ed immediatezza d'emissione. Ad maiora, come dicevano i latini. Seducente ed impeccabile la Giannetta di Yulia Tkachenko.

Dal podio vigila Sesto Quatrini

La presenza sul podio di Sesto Quatrini porta con sé diverse note positive. Mette in piedi difatti una lettura lucida ed accurata, che fila dritta sino alla fine; tiene le fila della concertazione con indubbia, squisita professionalità; profonde un forte impulso teatrale nell'ottimale intesa con il palcoscenico. 

E dall'Orchestra del Comunale di Bologna il maestro romano ottiene flessibilità, nitidezza e varietà di colori. E che dire dei componenti del Coro del Regio, guidato da Martino Faggiani? Come al solito brillano per finezza e bella coesione. E interpretano pure benissimo le loro snodate marionette.

Visto il 22-03-2024
al Regio di Parma (PR)