Cosa accadrebbe se superassimo le porte del tempo varcando il limite dell'esistenza? Fuori dal tempo tutto è possibile, nel teatro di Giuliano Scabia. Attenzione però: non si può tornare indietro.
Ha debuttato in prima assoluta a Bologna il nuovo lavoro di Paolo Billi con la Compagnia IN/OUT Pratello, risultato di un intenso percorso laboratoriale che vede coinvolti i ragazzi in carico ai servizi della Giustizia Minorile di Bologna e alcuni attori delle Botteghe Molière. Cinque mesi di "scrittura collettiva" del performance texte, partendo dal testo di Scabia dal titolo L'insurrezione dei semi (sottotitolo Sentiero per attori ricercanti). Si tratta del risultato di un processo stratificato che dal testo, ha creato il video di scena, la messa in scena attoriale e la scene stesse, queste ultime risultato di un laboratorio di scenografia condotto da Irene Ferrari.
L'insurrezione dei semi è un testo poetico, un dialogo filosofico dai tratti fiabeschi che guarda all'ontologia dell'essere umano e dell'esistenza stessa, che pone interrogativi utilizzando un linguaggio per sognatori.
La messa in scena di Paolo Billi, che per la seconda volta, si cimenta su un testo di Scabia - dopo il lavoro su Visioni di Gesù con Afrodite - sembra un libro sfogliabile trasferito sul palco, con tanto di immagini e brevi capitoli senza sequenzialità, ma attraversati da uno stesso filo conduttore:il tema del tempo.
Cambi di scena repentini, personaggi alati, divinità strambe e animali parlanti. Il video proiettato dietro una superficie trasparente, segna il cambio di storia, in un processo dinamico di immagini mobili che si susseguono scorrendo sul backdrop.
I personaggi sul palco hanno la consistenza di apparizioni labili, pure materie oniriche intoccabili e inafferrabili, dentro atmosfere magiche e ambientazioni che hanno l'odore dell'eternità, dove non c'è bisogno di morire per rinascere o risorgere. Fuori dalle porte del tempo, non c'è l'esistenza, ma solo immaginazione. Nei prati della resurrezione si può discorrere con un angelo, con un dio che fa pugilato, con un sacerdone "spretato" che danza con una fanciulla. Poetica l'immagine del cane-lupo che fa la corte alla stella polare e divertente la scena in cui due simpatici pigs si rincorrono amorevolmente con tanto di suoni onomatopeici.
Lo spettacolo è una favola per adulti per le tematiche, ma adatto anche a un pubblico di più piccoli per il linguaggio visivo di scena - per lo più un teatro per immagini - e per la leggerezza con cui vengono toccati argomenti più seri, come la morte.
Con le luci di scena quasi completamente spente per tutto il tempo, viene data visibilità al cromatismo del video e all'incisività delle parole, per uno spettacolo che scorre rapidamente e della durata di poco meno di un'ora. Il risultato senza troppe pretese, ma di grande impegno, impatto e integrazione sociale, evoca l'idea di quel "teatro non teatrante" di Scabia, che non solo coinvolge spazi extra-teatrali, ma include chi si sente o è ai margini della società.