E’ ancora in programmazione il bel film di Matteo Garrone “Io capitano” che narra le peripezie di un gruppo di migranti africani che cerca di raggiungere l’Europa. Le sofferenze e la violenza incontrate lungo il viaggio vengono riscattate dal lieto fine, con il disastrato battello che riesce ad arrivare in Sicilia con tutto il suo carico umano incolume.
Non sempre va così
La realtà delle cronache ci dice che le cose non vanno sempre così, spesso questi viaggi organizzati da bande di trafficanti senza scrupoli finiscono nella tragedia di naufragi apocalittici che non lasciano superstiti. Stiamo vivendo un momento storico peculiare, senza precedenti, la storia dell’umanità è storia di migrazioni, ma la modernità ha amplificato il fenomeno condizionando il pensiero contemporaneo. La trasformazione sociale che avviene sotto i nostri occhi non riguarda solo la politica e il costume, anche la produzione artistica ne risente e sono sempre più numerose le produzioni legate al fenomeno.
Al Teatro Nazionale di Roma, altra sede del Teatro dell’Opera, è andato in scena in prima assoluta L’ultimo viaggio di Sindbad, un racconto musicale in 7 quadri su libretto di Fabrizio Sinisi con musiche di Silvia Colasanti liberamente ispirato a testi di Erri De Luca. Narra la storia dell’ultimo viaggio del Capitano Sindbad, lo stesso nome del personaggio de Le mille e una notte, che trasporta verso l’Europa una umanità derelitta in cerca più di salvezza che di un mondo migliore.
Sogni belli e feroci
Il cinismo di Sindbad domina i rapporti sulla nave, i passeggeri hanno alle spalle storie tragiche, due sorelle fuggono dalla guerra dopo che una delle due è stata accecata da un soldato che voleva violentarla, un disertore fugge dopo aver rifiutato di sparare, una madre incinta partorisce sulla nave un bambino morto. Alla richiesta di una delle sorelle su come è l’Europa, il capitano risponde che è ”Piena di sogni belli e feroci” e l’altra sorella “...è come questa nave, acqua dappertutto, ma neanche una goccia da bere.” La traversata prosegue tra canti di nostalgia e preghiere, tra bonacce e tempeste, fino a quando finalmente si vede la meta agognata, Terra !, ma allora, proprio allora avviene l’irreparabile.
Con pudore il naufragio non è mostrato esplicitamente, si intuisce dal silenzio che piano piano avvolge la scena mentre i passeggeri si trasformano in uccelli e spiccano il volo. Il finale con l’intero cast che nel buio della platea silenziosamente si muove tra gli spettatori ci ricorda le innumerevoli tragedie che hanno trasformato in questi anni il Mare nostrum in un cimitero.
I quadri in cui è suddivisa la scansione narrativa , simili alle stazioni di una moderna Via crucis, hanno in comune l’atmosfera claustrofobica dell’affollato battello, la tolda perennemente inclinata rende l’idea della precarietà della navigazione, i personaggi si esprimono con un declamato, raramente indulgono al canto, solo l’orchestra ci ricorda che è un lavoro musicale, i temi sono legati ad atmosfere esotiche di mondi lontani, a canzoni popolari o a sonorità della tradizione operistica.
La regìa di Luca Micheletti è concentrata ad enfatizzare il clima di promiscuità e di oppressione reso evidente anche dalla bella scena di Leila Fteida che ci mostra la stiva in trasparenza, l’Orchestra, protagonista musicale, è stata diretta dal giovane apprezzato direttore Saverio Pagano, mentre il gruppo dei vocalist della Scuola di canto corale è stato guidato da Alberto De Santis.
Protagonista assoluto nei panni di Sindbad è stato Roberto Frontali che non ha tradito le aspettative e con la consueta grande efficacia ha tratteggiato il personaggio, i comprimari di lusso che hanno contribuito con la loro arte vanno citati, in particolare ricordiamo Paolo Antognetti, Roberto Abbondanza, Vincenzo Capezzuto, Giorgio Misseri, Daniela Cappiello.