In scena due atti unici in un’originale commistione tra opera da camera e prosa: "L’uomo dal fiore in bocca" del Premio Nobel agrigentino Luigi Pirandello e Cecè, musicato da Bruno Moretti su libretto di Roberto Pollastri.
Appuntamento unico nel suo genere quello svoltosi in occasione del Bologna Modern Festival per le Musiche Contemporanee. In scena due atti unici in un’originale commistione tra opera da camera e prosa: L’uomo dal fiore in bocca del Premio Nobel agrigentino Luigi Pirandello e Cecè, musicato da Bruno Moretti su libretto di Roberto Pollastri.
Due atti unici accomunati dalla figura dell’imbroglione Cecè
La regista Maria Paola Viano lega i due testi, molto diversi tra loro, attraverso il personaggio di Cecè (Paolo Antognetti) che rappresenta dapprima l’avventore dell’uomo dal fiore in bocca, malato di tumore, e nel secondo atto un imbroglione di prima categoria che architetta una messinscena malriuscita ai danni della giovane Nanà, innamoratasi di lui.
Diverso il medium di realizzazione scenica dei due atti, il testo pirandelliano viene recitato nel classico dialogo tra il protagonista (l’eclettico Andrea Rodi) e l’avventore al quale il malato di cancro rivela pensieri e confessioni scaturite dalla vicinanza con la morte, scenicamente accompagnato da “presenze” fuori da ogni contesto spaziotemporale interpretate dalle giovani attrici della Scuola di Teatro A. Galante Garrone di Bologna. Si cambia decisamente registro per la messa in scena di Cecè, fanno il loro ingresso i musicisti dell’Orchestra del Teatro Comunale e i cantanti lirici interpretano quest’opera da camera moderna dai toni tragicomici.Decostruzione spaziotemporale per i grandi interrogativi pirandelliani
Nel complesso l’accostamento dei due atti unici risulta riuscito, il primo forse più del secondo, in un’armoniosa prosa che restituisce agli spettatori tutta la stratificazione concettuale del pensiero pirandelliano sulla vita e la morte arricchito dalla presenza del coro di donne forse ispirato ai classici greci, organismo univoco in certi momenti, separato in tante piccole unità che emergono in altri per “mischiare” nuovamente le carte del gioco in forma di dialogo che avviene tra l’uomo dal fiore in bocca e il suo interlocutore.
Inserite perfettamente in questo contesto le scene del TCBO, costituite da porte vuote al centro che non hanno mai pace, essendo ricollocate continuamente al servizio del significato drammaturgico della scena. Un luogo non luogo, due uomini non personaggi, il grande tema della contrapposizione tra vita e morte sempre presente. Nel secondo atto l’ambientazione rimane quella, ad eccezione di alcuni arredi raffiguranti una sorta di salotto privo comunque di specifici connotati contestuali. Quello che manca rispetto al primo atto forse è il ritmo drammaturgico, nettamente diverso per esigenze musicali e tecniche degli interpreti.