Una Madama Butterfly tirata a lucido ma classica nelle scenografie e nei costumi, oltre che nel cantato e nella recitazione. Il pubblico genovese, da sempre piuttosto tradizionalista, ha mostrato di apprezzare molto: tutto esaurito nelle sei repliche dell’opera pucciniana andate in scena al Carlo Felice di Genova.
Il sovrintendente Claudio Orazi è stato fedele al suo programma e alla sua politica gestionale nella programmazione della sala genovese: alternare cose nuove e praticamente sperimentali (vedi la prima assoluta di Edith, andata in scena prima della Butterfly) a cose più tradizionali e rassicuranti. Praticamente un obbligo se hai a che fare con il pubblico sotto la Lanterna.
Direzione impeccabile
Una grande parte nel successo di questa Madama Butterfly l’ha avuta senz’altro la direzione del maestro Fabio Luisi: stavolta ispirata anche più del solito. Luisi ha condotto magistralmente tutte le sfumature della partitura, ottenendo una perfetta corrispondenza tra musica e narrazione.
L’orchestra ha sorretto intensamente le scene più drammatiche, ripiegando su sfumature più delicate nei momenti più sofferenti e intimi del dramma di Cio-Cio-San. Il gesto magnetico del Maestro è uscito dalla buca ed è stato notato anche in platea: eppure a quanto sembra è stato il primo Puccini diretto da Luisi in Italia.
I protagonisti
La protagonista Lianna Haroutounian ha dato vita a una Cio-Cio-San intensa, piena di spessore ma leggera ed elegante. Si è fatta notare per una vocalità estesa e omogenea, ottima anche sugli acuti e ben intellegibile sui toni medi. Sotto le sue mani canore, la quindicenne entusiasta è diventata una mamma adulta, pronta all’estremo sacrificio per il bene della sua creatura.
Fabio Sartori ha restituito sulla scena un Benjamin Franklin Pinkerton convincente e odioso al punto giusto: tanto che chi scrive ha desiderato che il personaggio venisse colpito da uno dei fulmini che vengono evocati dal nome di battesimo del marinaio. Dal punto di vista tecnico, Sartori è una garanzia che a Genova ha già dato innumerevoli prove di capacità e versatilità: solido nel fisico e nella voce, dotato di una sonorità estesa, potente e gradevole all’udito. Sartori ha acuti squillanti che non sono così scontati in un cantante della sua corporatura e una parte centrale della scala che ti tiene lì ad ascoltare.
Ad interpretare il diplomatico Sharpless (il cognome vuol dire “tagliente”, adatto per un diplomatico: ma in questo intreccio la lama gli è sfuggita di mano) è stato il baritono Vladimir Stoyanov: che ha tratteggiato con attenzione e credibilità la costernazione del personaggio davanti alla piega degli eventi. Bella la sua voce baritonale nelle pieghe più basse.
Negli altri ruoli, sono stati tutti adeguati e senza sbavature gli interpreti: a cominciare dalla cameriera/confidente Suzuki, interpretata da Manuela Custer. Nel cast anche Paolo Orecchia, il Principe Yamadori; Manuel Pierattelli, Goro; Luciano Leoni, lo zio Bonzo; Claudio Ottino, il commissario imperiale; Franco Rios Castro, il funzionario statale; Luca Romano, Yakusidè; Maria Letizia Poltini, la madre di Cio-Cio-San; Eleonora Ronconi, la cugina; Maria Sole Mainini, la zia.
Le scene
Si diceva di uno spettacolo classico anche nella scenografia firmata da Alvis Hermanis con luci di Gleb Filshtinsky e costumi di Kristine Jurjàne. Tutto era rispondente all’immagine stereotipata del Giappone, come noi occidentali ce lo immaginiamo: a cominciare dalle movenze e dai costumi di protagonisti e danzatrici, tutti in rigoroso stile teatro-Kabuki.
Pannelli scorrevoli in carta di riso, come le lanterne; ciliegi, fiori di ciliegio e petali a profusione, tappeti. Emozionante il balletto di introduzione, con le danzatrici che imitano con braccia e mani le movenze delle farfalle nell’aria: ad evocare già dall’inizio il tragico volo della Butterfly del titolo. Fin troppo trasparente il significato della trasformazione nel secondo atto, con una casa arredata in stile occidentale. La stessa Butterfly è vestita da donna americana, mentre Suzuki resta al contrario fedele alla sua matrice. Il cambio di look e di mentalità non basta però alla sventurata Cio-Cio-San per raggiungere l’amore e la felicità: ripudiata dai giapponesi e non accettata dagli occidentali, il suo destino è segnato.
E oggi, nel 2024, il mondo non funziona in modo poì così tanto diverso.