Puccini non poteva mancare, perbacco, questo è l'anno pucciniano. E magari con un Puccini in pompa magna. Così è stato: dopo la Tosca d'apertura della scorsa stagione, il Teatro Sociale di Rovigo per la Madama Butterfly che inaugura quella nuova cala un paio d'assi: un tenore di riferimento, Fabio Sartori nei panni di Pinkerton; ed un soprano di spicco, Francesca Dotto, al suo debutto nell'impervio ruolo di Cio-Cio-San. Neanche a farlo apposta, due cantanti entrambi trevigiani. E mettiamoci il carico d'uno Sharpless di alta professionalità, Biagio Pizzuti, ed ecco formata una terna d'interpreti d'eccellenza.
Un esordio superlativo
Francesca Dotto dopo tante Violetta, qualche Mimì e Liù, dopo sporadici approcci a Leonora, Elvira, Desdemona – tutti ruoli centrali del repertorio sopranile – aggiunge al suo carnet una figura per molti versi di traguardo, quella della fragile Butterfly. Figura assolutamente impegnativa sul versante canoro, certo; ma pure su quello recitativo, per la complessità del personaggio.
A tal fine la Dotto pone in campo le proprie doti di squisito soprano lirico, vale a dire una voce bella di natura, ampia, distesa, salda nell'emissione; una voce ricca di sfumature d'ogni tipo, che accompagnata alla sottile capacità d'introspezione psicologica, fa sì che i personaggi più tormentati e delicati – come questo, come quelli sopra citati – le cadano a perfezione.
Grande esordio per questa Madama Butterfly, dunque, con tutte le smorzature, gli assottigliamenti, le carezze di fraseggio necessarie; dove ogni frase, persino ogni sguardo hanno un senso, una forza, una varietà d'accenti che rendono il suo personaggio vivo, credibile, palpitante. A gennaio, dopo l'incipiente maternità, la replicherà a Lione.
Una voce tenorile esuberante
Fabio Sartori, si sa, ha dalla sua una delle più belle e generose voci tenorili oggi in circolazione. Così eccolo infilare uno dopo l'altro bei momenti di espansività vocale con fluidità invidiabile, smalto lucente e colori squillanti. Vista la solare e positiva natura caratteriale, il suo Pinkerton non poteva certo essere canagliesco ed antipatico, come talvolta viene raffigurato; piuttosto un po' puerile e molto irresponsabile, al pari di certi bimbi che magari si disperano dopo aver maltrattato e rotto un giocattolo cui erano affezionati. Punto di vista, questo, che ci piace assai.
Altro interessante debutto nel ruolo risulta quello di Biagio Pizzuti, che non solo consegna uno Sharpless tutto ben cantato, con fraseggio calibrato e bei chiaroscuri, ma possedente anche quella giusta dose di calda umanità e di lungimirante saggezza proprie d'un personaggio cortese e gentile costretto, suo malgrado, a metter pezza all'irresponsabilità del luogotenente della Marina Americana.
Belle figure di contorno
Un plauso particolare va alla dolce e compassionevole Suzuki di Francesca Di Sauro, rifinita in ogni dettaglio vocale e recitativo, ed al vivace Goro di Roberto Covatta: un sensale esuberante ed impiccione sì, ma condotto con un canagliesco garbo, senza cadere nel farsesco.
William Corrò è un altero Yamadori; Cristian Saitta rende bene le belluine invettive dello Zio Bonzo. Francesco Milanese e Francesco Toso sono rispettivamente il Commissario imperiale e l'Ufficiale del Registro. Apprezzabile la presenza del Coro Lirico Veneto curato da Matteo Valbusa, morbido ed ordinato nel coro a bocca chiusa.
Direzione di routine
L'Orchestra di Padova e del Veneto sono dirette da Francesco Rosa, che offre una concertazione dall'andamento alquanto piatto, svolta con mera routine professionale; senza slancio e con un ridotto gioco dei colori, e poche varietà dinamiche. Insomma, funzionale allo scopo, ma senza particolari pregi; e qua e là un tantino chiassosa ed altisonante, al punto da porre in qualche caso le voci in secondo piano.
Uno spettacolo non originale, però pulito e scorrevole
Filippo Tonon si prende carico della regia, dopo aver disegnato una scenografia molto tradizionale dove troviamo in primo piano la solita casa a soffietto, dalle solite pareti trasparenti, stagliata sul solito sfondo candido. Scena praticamente fissa - bella, pulita, elegante, ma con nulla che non sia già stato visto - in cui a muoversi sono solo le pareti scorrevoli, ed uno piccolo vano che sale e scende al centro.
Oltre a proporre una regia decisamente tradizionale, solida ed intensa, condotta senza troppi fronzoli mirando al centro de dramma, Tonon firma a quattro mani con Carla Galleri anche i costumi, ben curati e senz'altro adeguati all'ambientazione giapponese ma - a dire il vero – non particolarmente originali.