Commedia nera, per molti versi ambigua, è il Mercante di Venezia di William Shakespeare. Lo spettacolo prende il volo solo quando in scena agiscono quegli interpreti che funzionano a prescindere dal contesto. Uno su tutti Mariano Rigillo.
Commedia nera, per molti versi ambigua, è il Mercante di Venezia di William Shakespeare, che ha debuttato in un nuovo allestimento firmato da Giancarlo Marinelli, con Mariano Rigillo nel ruolo di Shylock.
Un testo duro, che va necessariamente attualizzato
Vero protagonista di quest’opera, almeno stando al titolo, sarebbe però Antonio, unico mercante veneziano presente nel testo, anche se la figura cui si associa la commedia è quella dell’usuraio ebreo Shylock, la cui vicenda risente molto del clima antisemita presente nell’Inghilterra elisabettiana.
Un’interpretazione letterale del testo sarebbe impossibile al giorno d’oggi, tanto sono cambiati il contesto e la sensibilità nei confronti della religione ebraica, ed infatti si cercano sempre soluzioni che mitighino la crudeltà della sentenza finale. Nello specifico, in questa edizione, viene aggiunta a Shylock una battuta in cui ricorda di non essere uno straniero ma un cittadino veneziano anche se di religione ebraica.
Oltre a questo, nel suo insieme lo spettacolo viene alleggerito grazie ad alcuni tagli, in particolare alla storia d’amore tra Porzia e Bassanio, peraltro l’aspetto più debole e verboso del testo, e quindi le scene con i pretendenti da tre diventano due e la storia dell’anello nel finale viene opportunamente abbreviata. Eccettuata l’ostentazione di un’attrazione omoerotica di Antonio nei confronti di Bassanio, peraltro accennata ma non adeguatamente sviluppata, la regia procede in modo sostanzialmente classico e lineare, senza particolari idee.
Grande importanza hanno le musiche, che supportano buona parte delle scene, nel tentativo di ricreare atmosfere tra il romantico e il decadente che rispecchino in quelle del celebre film Anonimo veneziano (tra gli autori si riconoscono Gabriel Yared, Abel Korzeniowski e l’inevitabile viscontiano Adagietto della Quinta sinfonia di Gustav Mahler). La soluzione funziona solo in parte: il tappeto sonoro, a volte enfatico e un po’ ridondante tende a dilatare eccessivamente il ritmo di alcune scene, una su tutte quella dei tre scrigni.
Mariano Rigillo e Cristina Chinaglia le punte di eccellenza
Lo spettacolo prende il volo solo quando in scena agiscono quegli interpreti che funzionano a prescindere dal contesto. Uno su tutti Mariano Rigillo, il cui Shylock spicca per autorevolezza e dignità. Lontanissimo dalle stucchevoli caricature del vecchio ebreo, l’attore napoletano crea un personaggio di grande umanità, ricchissimo di sfumature, con una recitazione misurata ma intensa e magnetica.
Spassosissimo è il Job di Cristina Chinaglia, che grazie a una irresistibile verve comica crea un personaggio simpaticamente mercuriale. La caratterizzazione in dialetto veronese è estremamente accattivante ed i tempi comici sono perfetti: non una battuta è sprecata. Il resto del cast rientra nei canoni di una corretta professionalità che, probabilmente, in presenza di una regia più incisiva, si sarebbe trasformata in qualcosa di più di una buona prestazione tecnica. Romina Mondello risolve adeguatamente il ruolo di Porzia e lo stesso si può dire di Ruben Rigillo (Antonio) e Francesco Maccarinelli (Bassanio). Efficaci Francesca Valtorta (Jessica), Mauro Recanati (Lorenzo), Simone Ciampi (Graziano) e Antonio Rampino (Doge).