Nella solitudine dei campi di cotone è un testo del 1986, scritto dal drammaturgo francese Bernard-Marie Koltès. Protagonisti di una misteriosa compravendita, che avviene “nell’ora che volge al crepuscolo” fra allusioni, eccessi di arroganza e un costante desiderio da appagare, sono il Dealer (Federica Rosellini) e il Cliente (Lino Musella), intenti a negoziare una merce senza nome.
Come un teatro vuoto
Il regista Andrea De Rosa, ispirato dal lungo periodo di lockdown, ha immaginato un teatro vuoto quale non-luogo nel quale si svolge la misteriosa transazione tra i due protagonisti. Federica Rosellini è, dunque, un’attrice che – già dall’ingresso del pubblico in sala – “abita” un palcoscenico spoglio, privo di quinte, con la sola eccezione di un drappo in velluto rosso, collocato in una posizione strategica e illuminato dalla luce di due fari puntati nella sua direzione.
All’inizio dello spettacolo l’attrice avanza, con andatura fiera, avvolta nel suo maestoso abito vittoriano, sulle note delle Variazioni Goldberg di Bach, nella versione incisa da Glenn Gould.
Durante il primo monologo, interamente recitato con lo sguardo rivolto alla platea, sembra proprio essere il pubblico il destinatario della compravendita. Ma, lentamente, il Cliente avanza verso il palcoscenico: e, quando entrambi prendono possesso della scena, diventa lampante che la trattativa (per quanto fittizia) sarà senza esclusione di colpi.
Un tiro alla fune senza vincitore
I due personaggi si scambiano spesso sguardi molto intensi, giocando una sorta di tiro alla fune, nel quale tanto più il Cliente cerca di avvicinarsi al Dealer (pur rifiutando le sue argomentazioni), quanto più quest’ultima cerca di ingraziarselo, allontanandosi fisicamente da lui.
Un accattivante gioco di reciproca attrazione/repulsione che risponde all’esigenza di soddisfare un bisogno non materiale, ossia il tenace tentativo di affrancarsi, attraverso un flusso di parole, da quel senso di solitudine che caratterizza l’esistenza di entrambi.
In questa “confezione”, pensata dal regista De Rosa, Federica Rosellini e Lino Musella catturano l’attenzione del pubblico con due vibranti interpretazioni, offrendo un interessante spunto di riflessione sul Teatro – in un momento nel quale i teatri tornano gradualmente a riempirsi – quale bisogno da soddisfare.