Farmaci da banco o tisane? Qual è il rimedio più indicato per combattere il fastidiosissimo bruciore allo stomaco? È quando poi sale su, fino attorno al cuore, che le cose si complicano: Maalox e affini potrebbero risultare totalmente inefficaci. Non c’è quindi da star tranquilli: in assenza di “danni mucosi esofagei”, vomitare potrebbe rappresentare l’unica soluzione. Contro il logorio della vita moderna, del resto, un Cynar non serve e l’unico modo per liberarsi da stress, frenesia, rancori e varie forme di acidità è rimettere. Tutto a posto, o provarci perlomeno.
I quattro fratelli protagonisti di questa storia sono affetti da N.E.R.D., una patologia che non è detto non colpisca anche i ‘nerd’ per antonomasia, gli smanettoni solitari e asociali a cui frettolosamente il titolo fa pensare. Senza però spingersi troppo lontano, si può osservare come i quattro uomini anelino una felicità difficile da raggiungere, ‘scivolosa’ nelle loro mani. Nascono e crescono in un contesto che vorrebbe essere rassicurante perché tradizionale: un nido familiare dal quale poi si emancipano, almeno in apparenza, con maturità ed consapevolezza, salvo invece prendere strade tortuose e accidentate. Intrecciano relazioni precarie e sbagliate come, del resto, i tempi in cui vivono; cercano in se’ un coraggio sconosciuto, sono tormentati da dubbi e incertezze non certo provocati (solo) da pranzi segnati da un eccesso di latticini. E finiscono con il prendersela con le innocue paperelle del laghetto dell’agriturismo alle quali, in preda ad un febbrile delirio, provano a staccare la testa.
Amadio, Buffonini, Radice e Terruso danno voce e fattezze ai quattro scapestrati instabili emotivi, voraci nel modo di vivere sentimenti e passioni, incapaci di dire la verità e segnati dalla forte volontà di disfare tutto, forse per provare, paradossalmente, a recuperare l’equilibrio. Lo fanno in modo credibile, misurato ma anche ironico, lasciando aperta la porta a cupezze e zone d’ombra che ci sono proprie. Senza calcare la mano e trovando la giusta misura per non scivolare nella mediocrità e nel presappochismo. Un’operazione delicata ma riuscita se si considera che, in realtà, in scena gli attori interpretano ben più di quattro ruoli, e provano a mantenere ben distinte le varie identità con l’aiuto di pochi accessori. Azzeccata ed efficace poi la scelta di chiudere lo spettacolo con un ‘doppio finale’: un escamotage originale che dà voce a personaggi destinati, in origine, a non partecipare mai alla storia. Ma il racconto sembra anche sottolineare una realtà lapalissiana: la sopravvivenza sarà pure una questione di adattabilità, ma lasciare stratificare tacite verità non è detto sia la strada più sensata per guardare serenamente al futuro, che ci appare di per se’ sfuocato e incerto.