Notre Dame de Paris è il perfetto connubio tra letteratura e danza. L’intramontabile romanzo di Viktor Hugo trova, infatti, ampio spazio nel mondo della danza già in epoca romantica dalla Esmeralda di Perrot a quella di Petipa ma prosegue anche nel Novecento con quella di Vaganova e altri fino a quando nel 1965 Roland Petit, il celebre coreografo e padre del neoclassicismo francese, da vita al balletto drammatico e psicologico Notre-Dame de Paris.
Esempio perfetto dell’opera di Petit e del neoclassicismo francese
Petit seppe rendere forse meglio di tutti l’unione tra danza pura e spettacolarità teatrale. Quel concetto di 'teatro totale' che ha rivoluzionato la storia della danza del Novecento viene oggi ripreso da Luigi Bonino, assistente del coreografo francese e ripetitore di tutte le sue opere in tutto il mondo. I danzatori capitolini affrontano con successo e onorano la grandiosità di questo grande classico in cui rivivono anche le scene di René Allio e i costumi di Yves Saint Laurent. La cattedrale parigina viene riportata in scena nelle sue sembianze ma appare sicuramente più stilizzata, adombrata dai chiaroscuri, sfondo ideale dei movimenti dei ballerini.
Fasciati nei loro costumi accesissimi e colorati i ballerini brillano come le vetrate della vera Notre-Dame. La maestosa cattedrale rivive anche nella musica di Maurice Jarre che, fondendoli tra loro, sublima il suono delle campane, il tintinnio dei tamburelli e i temi gitani di variazioni e pas de deux. Pur avendo spaziato dal balletto classico, al cinema e al music hall, Petit da sempre è noto per i suoi soggetti d’amore e morte. Basti pensare alla sua Carmen o a Le jeune home et la mort in cui eros e thanatos (letteralmente amore e morte appunto) si compenetrano secondo l’elemento della tragicità classica, in piena teatralizzazione, mantenendo ben salda la linea drammaturgica della vicenda e le sue sfumature psico-emotive.
Coreografia e psicologia
Ma la protagonista assoluta dell’opera è ovviamente la coreografia che, come solo il genio di Petit sapeva fare, tratteggia la psicologia di Quasimodo (Bakhtiyar Adamzhan), Esmeralda (la neo étoile Susanna Salvi), Frollo (Walter Maimone) e Febo (Andrea D’Ottavio).
La bella gitana danza con seduzione ed eleganza, esprime l'essenza di una creatura forte e volitiva ma dall’animo gentile. Nella sua variazione del primo atto il suo corpo turba così come la sua danza sinuosa che a tratti si fa squadrata per poi raddolcirsi in linee di prolungato lirismo. La sua innocenza si traduce nella tenerezza dei gesti rivolti a Quasimodo, il campanaro gobbo e storpio. Il contrasto tra la bellezza dell’una e la mostruosità dell’altro lascia spazio alla compassione, all'amore empatico e si annulla nello splendido pas de deux in cui Quasimodo si lascia trasportare cullando dolcemente la zingara sulla sua schiena ricurva. Egli riesce a modulare la sua deformità trasponendola nel movimento e non immobilizzandola nel corpo.
Al contrario Febo rappresenta la forza e la bellezza. La sua tecnica è straordinariamente virtuosistica ma il suo personaggio ha vita breve e viene travolto dalla voluttà tipica della giovinezza quando perde la vita durante l’atto d’amore con la bella gitana per mano di Frollo. Quest'ultimo è sicuramente il personaggio più complesso dell’opera diviso tra religione e peccato, divorato da collera, passione e gelosia che esprime con grand jeté, manege, tour en l’air e pirouettes.
Anche le descrizioni della folla parigina, così minuziose nel romanzo, popolano questa Parigi scenica con la coreografia geometrica del corpo di ballo che si muove in blocchi riprendendo spesso le nevrosi di Follo con i suoi tremori delle mani o giungendo queste ultime in preghiera; ancora folleggia nella festa dei folli, descritta da Hugo come capovolgimento dell’ordine morale e sociale, esaspera i movimenti solistici, interpreta la miseria della Corte dei Miracoli, popolata da ladri, assassini e prostitute ma anche la giustizia austera delle due autorità dell’epoca, il tribunale e la chiesa.
L’apporto dell’ensemble è fondamentale, dunque, per accompagnare la drammaturgia e la psicologia della vicenda che si delinea sulle due traiettorie letterarie, il sacro e il profano, dell’universale sentimento dell’amore e ferma nel tempo lo stile irripetibile di un balletto di vero teatro totale.