Ottobre 22 è uno spettacolo nato a partire dalla collaborazione tra i due registi: Renato Sarti, qui anche interprete, e Sergio Pierattini, che firma la sceneggiatura. Il progetto s’inserisce coerentemente all’interno del percorso di memoria storiografica che il Teatro della Cooperativa – produzione dello spettacolo – coltiva da anni, con l’obiettivo di riportare a galla le vicende più buie e irrisolte della storia del Novecento, osservati da diverse e prospettiche angolazioni.
GLI SPETTACOLI
IN SCENA IN ITALIA
La parola al centro della scena
Nel quadro di una scenografia minimale: una seggiola in legno in primo piano e sullo sfondo un tendaggio sontuoso a coprire un tavolino e una sedia, chi la fa da padrona sul palcoscenico è la parola. Detta tra i denti, sussurrata, urlata, che passa come un testimone tra i due attori. A dare avvio alla pièce, quando ancora il palco è immerso nell’oscurità, è una catena di parole, pronunciate con veemenza da Facta, impersonato da un valente Renato Sarti: “Se al vostro posto ci fosse un plotone di esecuzione che mi dicesse: Parla! Vogliamo la verità su ciò che successe quella notte con il re. Parla o spariamo! Io risponderei… Sparate!”.
E da qui si susseguono valanghe di frasi, sentenze, domande, tra il senatore liberale e un giovane, interpretato da un abile Fabio Zulli, volte a scandagliare e sviscerare molti degli avvenimenti e delle decisioni che intercorsero e si presero immediatamente prima di quella che è ricordata come la marcia su Roma.
La drammaturgia, così fitta di dialoghi, potrebbe ricordare il copione di un programma radiofonico, tanto poco spazio viene dato alle azioni. Del resto Pierattini è, tra le altre cose, appunto anche autore radiofonico, competenza che incide sul testo teatrale. Ma ciò, va detto, non rappresenta un limite. L’unica nota critica riguarda invece la mole delle informazioni che vengono sciorinate nell’arco di poco più di un’ora di spettacolo: il linguaggio, a tratti, è troppo rapido e condensa forse più dettagli, di carattere per lo più storiografico, di quelli che sarebbero necessari.
L'accuratezza storica: un punto di forza
Se talvolta è la quantità delle informazioni a rischiare di distrarre l’attenzione dello spettatore, uno degli aspetti più curati dell’intero lavoro è senz’altro la loro qualità o, per meglio dire, l’approfondimento sul piano della ricerca storica. Senza dubbio utile e incisiva risulta, infatti, la consulenza di Mimmo Franzinelli, uno tra i più autorevoli studiosi del periodo fascista.
Vengono menzionati accadimenti poco noti ai non addetti ai lavori, come la nascita del Fascio italiano per la difesa nazionale, sorto a Montecitorio nella forma di un gruppo parlamentare anni prima rispetto alla fondazione dei Fasci di combattimento. Anche la scelta lessicale è aderente al contesto e all’epoca: Pierattini ha attinto a piene mani dalla lettere di Luigi Facta alla moglie, al re Vittorio Emanuele III, a Mussolini, tratteggiando un ritratto tuttora controverso e ambiguo dell’uomo che nell’ottobre del 1922 rivestiva la carica di Presidente del Consiglio.
Appello alla responsabilità
Ciò su cui si viene invitati a riflettere sono le responsabilità, politiche innanzitutto, e anche morali, della classe dirigente italiana di quegli anni che permise, connivente o meno, l’ascesa al potere del fascismo. Com’è potuto accadere? Perché il re non ha più firmato il decreto sullo stato d’assedio – prima fortemente caldeggiato, nonché concordato e predisposto assieme a Facta – che avrebbe potuto fermare l’insurrezione armata delle camicie nere?
Nessuno ancora può mettere la parola fine a quei fatidici frangenti, a cavallo tra il 27 e il 28 ottobre 1922, che costituiscono una delle notti più misteriose della storia d’Italia. Perciò, lo spettacolo si chiude com’è cominciato: con quelle stesse parole che ricadono come un interrogativo sul pubblico in sala.