Per celebrare degnamente i cento anni dalla nascita di Franco Zeffirelli, il Teatro dell’Opera di Roma ha riproposto una delle più felici realizzazioni del maestro fiorentino: Pagliacci di Ruggero Leoncavallo, che proprio al Costanzi fu rappresentata la prima volta nel 1992, anche allora con Daniel Oren sul podio.
La ripresa è stata affidata alla regia di Stefano Trespidi con le luci di Vinicio Cheli e gli splendidi costumi di Raimonda Gaetani. Le scene sono quelle originali di Franco Zeffirelli.
GLI SPETTACOLI
IN SCENA IN ITALIA
Palcoscenico pieno di artisti, una città del nostro meridione ai nostri tempi, una casamento di ringhiera fa da sfondo, dalle finestre aperte brandelli di quotidianità umile. La strada affollata da una umanità promiscua, popolani e scolari, prostitute e carabinieri, un travestito, artigiani, perdigiorno, botteghe e caffè, una festa di nozze con lancio di riso, quando arriva la disastrata roulotte della compagnia teatrale di Canio e Nedda.
Tra squilli di tromba, lazzi di monelli e risate si presenta il prossimo spettacolo, ma Canio risponde alle battute di un contadino sul fascino di Nedda con amaro realismo “Il teatro e la vita non son la stessa cosa... Un tal gioco credetemi è meglio non giocarlo”.
Quest’ultima rifiuta beffarda le profferte amorose di Tonio, tuttofare della compagnia e lo respinge deridendolo “Hai l’animo siccome il corpo tuo difforme… lurido!”, ma cede alla corte del bel contadino Silvio con cui si apparta. Tonio per vendicarsi avvisa della tresca Canio che affronta gli amanti, Silvio fugge. Arriva il pubblico lo spettacolo sta per cominciare, Canio pieno di amarezza per il tradimento si veste per la scena ”…Bah, se’ tu forse un uom? Te se’ Pagliaccio! Vesti la giubba e la faccia infarina.”
Teatro nel teatro
Lo spettacolo narra l’amore adultero tra Nedda/Colombina e Arlecchino alle spalle di Pagliaccio, il marito tradito che li scopre e si vendica uccidendoli. Ma questa volta non è la finzione teatrale, Canio/Pagliaccio uccide veramente i due amanti davanti al pubblico inorridito, poi lascia cadere il coltello mentre cade il sipario “La commedia è finita”.
Il prologo orchestrale introduce l’atmosfera del dramma, accenna il tema di Pagliaccio mentre Tonio nel costume di Taddeo esce dal sipario chiuso e anticipa il racconto della tragedia “…io sono il prologo”. Il baritono mongolo Amartuvshin Enkhbat conquista subito il pubblico, dizione perfetta, volume autorevole, morbido quanto serve, ma virile e deciso.
Altro grande protagonista è Luciano Ganci nella parte di Canio/Pagliaccio, splendida voce e grande presenza, convincente nella sua sofferenza strappa applausi a scena aperta quando la gelosia monta “No. Pagliaccio non son…” dove insieme alla rabbia appare qualche discreto singhiozzo.
Nino Marchaidze è una disinvolta Nedda a suo agio sulla scena, più efficace nel registro acuto, molto applaudita nel suo duetto con Silvio che è interpretato da Vittorio Prato, convincente phisique du role, vocalità corretta, ma un po’ sottotono. Matteo Falcier è un efficace Beppe e un brillante Arlecchino. Bene anche Fabio Tinalli e Giuseppe Ruggiero nelle parti dei contadini.
Grande prova dell’Orchestra del Teatro dell’Opera, sotto le mani sapienti di Daniel Oren ha raccontato con efficacia le tappe del dramma. Brillante suono verista nel prologo e nell’intermezzo, ha sempre lasciato spazio ai cantanti che non sono mai stati messi in ombra.
Il Coro del Teatro dell’Opera, in questa occasione coadiuvato dal Coro di voci bianche, sotto la direzione di Ciro Visco ha offerto la solita ottima prova partecipando alle movimentate attività dell’affollato palcoscenico dove hanno brillato anche gli allievi della Scuola di Danza del Teatro.