La dolcezza, quella vera, fatta di albumi sballottati tra granelli di zucchero e burro liquefatto, di cioccolato sciolto, di crema iniettata a piccole dosi nella pancia vuota di poveri bignè dal destino già segnato. “Pasticceri. Io e mio fratello Roberto” è lo spettacolo che Leonardo Capuano e l’alter ego di Frank Zappa, Roberto Abbiati, hanno ideato dando un nuovo contesto all’artificio letterario del doppio già trattato nei secoli da scrittori e drammaturghi quali Diderot o nel noto Dr Jekyll e Mr Hyde di Stevenson.
Il doppio sono loro, due fratelli che si destreggiano come attori e come pasticceri professionisti in un attrezzato laboratorio di pasticceria e che oltre a condividere lo stesso cognome, la stessa attività, l’amore per la stessa donna Rossana, condividono giorni e notti lì dentro, in quel laboratorio di pasticceria che, oltre a fungere da scenario viene utilizzato in tutti i suoi componenti.
Tra le musiche di Lou Reed, Rolling Stones e Prince, tra un canticchiare e un ballicchiare, i fornelli prendono vita, le piastre elettriche acquistano la temperatura ideale, il frigorifero conserva tutto l’occorrente per preparare torte, creme, panna, profiterol e pan di spagna. E così, uno da una parte e uno dall’altra, separati come il tuorlo e l’albume ma amalgamati come il burro lo zucchero e la farina, così diversi nella loro fisicità, nelle loro emozioni, nel modo di parlare ma così uguali, indispensabili l’uno all’altro come il pan di spagna ed il liquore, trascorrono le ore, le loro giornate e forse la loro vita dentro quella cucina d’acciaio.
Uno è colui che appare forte, saccente, convincente, è robusto, fa un po’ lo spavaldo e il suo linguaggio è sciolto, disinvolto anche se questa spavalderia si scioglie come burro fuso quando si commuove per un nonnulla, quando esprime ripetutamente l’affetto per il fratello che lo sta ad ascoltare con uno sguardo apparentemente spento.
Si rattrista all’idea che i suoi bignè, i suoi amati bignè alla crema, verranno ingoiati senza sensibilità alcuna dal primo goloso che passerà nei paraggi della pasticceria; e così li saluta, inscena questo struggente commiato che, guardandolo dall’esterno fa un po’ ridere, mentre se ci si lascia trasportare da questa sottile sensibilità in effetti questi bignè un po’ di tenerezza la fanno.
Per fortuna però interviene il fratello, il balbuziente che smette di balbettare quando cita poesie sotto la luce di un occhio di bue, con la sua determinazione e la freddezza espressiva ribadendo al fratello che deve smetterla con queste sciocchezze e che il lavoro è più importante e che i bignè hanno un destino già segnato fin dal nascere. La loro breve vita è predestinata, è intrinseca al loro esistere, come lo è il loro destino di fratelli pasticceri che hanno ereditato il lavoro dal padre e che come missione devono portare avanti il mestiere in suo onore.
Nella vita dei due fratelli c’è anche spazio per la dolcezza del cuore e non solo di quella della crema o del profitterol, e così si innamorano, parlano della donna dei loro sogni, quella che quando entra nella pasticceria entra prima la sua femminilità e poi la sua presenza, il fratello saccente chiede all’altro di scrivere per lui le poesie alla donna che ama non sapendo che anche l’altro ama lei: Rossana.
Una Rossana per due, la stessa, condividono tutto loro due, anche la donna dei loro sogni richiamando così Cristiano e Cyrano di Rostand nel suo dramma d’amore. E così prosegue lo spettacolo, tra una realtà mescolata alla finzione, nelle parentesi in cui gli attori escono dai loro ruoli fingendo di essersi dimenticati la parte, inventando un colpo di scena durante il quale lo spettatore, ammaliato dal profumo della crema pasticcera e del cioccolato fondente fuso, non sa più cosa sta succedendo, dove si trova e si ritrova così in un teatro diventato pasticceria, di fronte ad attori diventati pasticceri che si sono dimenticati la parte e ridono tra loro.
La sorpresa arriva al termine dello spettacolo….quando il pubblico è assorto nella visione di quelle torte fresche appena “recitate” e all’unisono pensa alla fine che faranno e con un po’ di perfidia si augura di vederle morire proprio sotto i suoi denti… Per golosi cronici e per curiosi avvezzi alle sorprese.