Prosa
PERLASCA. IL CORAGGIO DI DIRE NO

Giorgio Perlasca, eroe di una vicenda ancora oggi poco conosciuta

Alessandro Alberti
Alessandro Alberti © Tommaso Le Pera

Alessandro Albertin ripropone il suo prezioso spettacolo “Perlasca. Il coraggio di dire no”. La pièce, scritta dall’attore e diretta da Michela Ottolini, ripercorre l’incredibile vicenda, rimasta nell’oscuro per decenni, di Giorgio Perlasca.

Quale momento migliore per Alessandro Albertin, per riproporre il suo prezioso spettacolo dal titolo Perlasca. Il coraggio di dire no? La pièce, difatti, scritta dall’attore e diretta da Michela Ottolini, ripercorre l’incredibile vicenda, rimasta nell’oscuro per decenni, di Giorgio Perlasca, che, tra il 1944 e il 1945, a Budapest, salva la vita, strappandoli da morte certa, a migliaia di ebrei ungheresi.

Il coraggio di un italiano all'estero

L’otto dicembre 1943, il giorno dell’armistizio tra l’Italia e gli Alleati, Perlasca, un commerciante di carni nato a Como, si trova nella capitale ungherese per lavoro. Ad alcuni, il peggio sembra tramontato, ma per altri che come lui si rifiutano di aderire alla Repubblica di Salò, la persecuzione incomincia adesso: le SS infatti si mettono sulle loro tracce per dargli la caccia. Grazie ad una lettera firmata da Francisco Franco – ottenuta durante gli anni trascorsi a combattere da volontario nella guerra civile di Spagna – riesce a procacciarsi un passaporto falso all’ambasciata spagnola di Budapest, diventando così Jorge Perlasca.


Invece di tornare di corsa a casa in Italia, dove l’attende la moglie, rimane a sostenere e incrementare l’impegno dell’ambasciatore e dei suoi collaboratori, volto a proteggere quanti più ebrei possibile, nascondendoli nelle “case protette”, soggette all’extraterritorialità per la copertura diplomatica, dietro rilascio di salvacondotti. Ha inizio quindi un’avventura che vede Perlasca sempre più protagonista, in virtù della sua condotta straordinariamente coraggiosa, nonché d’una lingua tagliente in grado di scagliare strali ad effetto, simulando e patteggiando con il partito delle Croci Frecciate.

Personaggi e respiri diversi

L’interpretazione di Albertin riesce complessivamente a convincere lo spettatore, che ne ricava il racconto di vicende tutt’oggi poco note e ancor meno trattate. L’apertura intima, poi, che l’artista concede al suo pubblico (rivelando ad esempio le comuni origini tra suo padre e il personaggio narrato), si rivela un’inaspettata sorpresa che coinvolge chi assiste alla scena come uno sguardo dritto negli occhi.


L’artista, inoltre, gestisce sul palco l’assai modesta scenografia, che consiste essenzialmente in due grandi cubi mobili che muove e sposta di continuo, contribuendo insieme con i riflettori allo svolgimento delle storia, focalizzando l’attenzione ora su questo ora su quel particolare scenico. Uno dei punti di maggior pregio è l’abilità d’entrare e uscire da personaggi assai diversi tra loro, appartenenti a regioni, nazionalità, età nettamente distinte e remote. Tra i punti di merito spicca, in aggiunta, il gioco che l’attore si mostra capace di fare con la respirazione. Questa, mutando e rendendosi ora più ritmata ora più affannosa, sa farsi espressione e trasmissione della paura (come nel caso d’un ebreo colto per strada da un nazista); connotazione della fatica d’un vecchio, che cammina di sbieco; o ancora, e mirabilmente, esalazione d’un disgusto sprezzante (quando un nazionalista inferocito in divisa si rivolge ai giudei).

Se è lecito evidenziare una piccola pecca, in uno spettacolo che resta rilevante pure nella misura in cui provvede a diffondere tali avvenimenti, la si ravvisa nella sceneggiatura che, a tratti, rischia di scivolare nel già sentito e nel luogo comune. Un peccato veniale, sovrastato oltretutto dalla bellezza ottocentesca dei valzer di Strauss che ci rievocano l’atmosfera, perduta, dei salotti d’un tempo.

Visto il 18-01-2020
al Cine-Teatro Artesfera di Valmadrera (LC)