Dalla penna di Rosario Lisma, volto noto sia al cinema che in televisione, nasce Pescheria Giacalone e figli, tragicommedia dal sapore agrodolce, in questo periodo in giro per l’Italia.
Sicilia. In un piccolo e afoso paese di provincia i membri di una famiglia affrontano, ognuno a suo modo, la morte e l’eredità del padre, prematuramente scomparso, titolare della Pescheria Giacalone e figli. La moglie (Luana Toscano), vittima di una malattia immaginaria che la costringe a muoversi in sedia rotelle, incapace di affrontare l’esterno, passa le sue giornate nel buio perenne delle tende tirate sul mondo.
Il figlio maschio (Luca Iacono), suo malgrado erede dell’attività di famiglia, si arrabatta fra la pescheria e i clienti, pensando costantemente ai complotti, vittima di fake news, credulone e ingenuo. Infine Alice (Barbara Giordano), la “figlia femmina”. Bibliotecaria, perennemente impegnata nella cura della casa e della madre, segretamente sogna di lasciare la Sicilia per Milano, dove vorrebbe diventare giornalista, realizzando così la sua più grande aspirazione: scrivere.
La vita della famiglia Giacalone si svolge tutta fra le quattro mura di casa, sempre in penombra, dove il blu del mare è preponderante, ma non riesce a esprimere l’immensità dei fondali per via delle reti, legate all’attività di famiglia ma ancor di più in senso metaforico all’oppressione che regna sovrana.
Nell’immobilità dei giorni che si susseguono ognuno uguale all’altro, arriva un medico milanese (Andrea Narsi) a scuotere dal torpore la cittadina, e il cuore di Alice. Spiraglio di luce in una realtà lugubre e asfissiante, la ragazza si lega a lui, vedendo nei suoi occhi il “sogno continentale”.
Ma l’egoismo è più forte di tutto, e i tre si coalizzano per nascondere ad Alice la tanto sperata proposta di lavoro dal Corriere della Sera, arrivata per posta e finita subito nella spazzatura. Se per la madre, malata immaginaria, arcigna e lamentosa, per il “sempliciotto” fratello e il medico innamorato, la Sicilia rappresenta una “spiaggia placida”, per Alice la realtà è diversa, e trova così il coraggio di partire per amor di autodeterminazione.
Lo spettacolo, di cui Lisma è anche regista, ha un bel ritmo serrato e dei tempi comici molto apprezzabili, nonostante lasci l’amaro in bocca. Non tanto per l’evoluzione della vicenda, quanto per la mancata analisi dell’epilogo, quasi lasciato lì, come spiaggiato.