Fenomenale, strepitoso, comico, più-che-catartico, uno spettacolo a metà strada tra il monologo, il cabaret e il teatro sperimentale. Antonio Rezza è un divertentissimo burattino umano (nelle mani di se stesso!!!) che cambia corpo e personaggio a seconda delle fessure dei teli (creati da Flavia Mastrella) dai quali si espone.
Le sue storie sono quasi delle barzellette. Ma l’attore-autore va oltre. I personaggi credono a ciò che dicono o fanno; Rezza però aggiunge qualcosa in più, e questo è la riflessione psicologica, sociale e morale su quel mondo, senza però giungere al teatro di denuncia.
La sua comicità ci riporta alla realtà di tutti i giorni, mostrandocene a volte la miseria… e in questo, pur rientrando in un certo genere di comicità assurda, ma di classe, a-tipica ma popolare, sviluppatasi a partire dal Novecento in Italia da parte di pochi geni dell’arte, più unici che rari, Rezza si distingue nettamente, rappresentando una cuspide in più, rispetto a quei geni che lo hanno preceduto, come Petrolini, Rascel o Totò. La verve di Rezza rientra in un genere che, seppur sia generalmente chiamato “comico”, tratta una comicità indefinibile per sua natura e che è costituita da artisti comici di diverso stampo, all’interno della quale Antonio Rezza costruisce, con il suo repertorio personale, non solo una cuspide angolare, ma (nella sua unicità) anche un sotto-genere che è solo suo, così come lo erano state le comicità dei comici (summenzionati) che lo hanno preceduto.
In "Pitecus", Rezza, con sguardo vispo e intelligente, passa in rassegna di tutto: malattia, religione, sessualità, fatti storici e di fantasia… ma fino a che punto di fantasia? Persino la storia di Cenerentola può avere un non-so-chè di realistico ed uno sfondo sessuale… Forse, generalizzando, si può dire che quello che soggiace a tutte le storie raccontate da Rezza nella sua performance (che vanta 17 anni repliche in Italia e all'estero), la comicità che viene portata in scena, è quella derivata dalla noia che soggiace alla vita di tutti i giorni e che guida le scelte dei vari personaggi, in ogni campo.
“Pitecus” è una “performance” teatrale, non uno “spettacolo” teatrale. Lo spettacolo, dal punto di vista del pubblico, comincia ancora prima che Rezza inizi le micro-performance che compongono l’allestimento. Il performer-autore si aggira furbescamente tra le file di teli stesi come fossero lenzuola al sole che non attendono altro che essere ben distese per poi prendere vita, attorno al viso o al corpo di Rezza e trasformarsi in personaggi, tra il parodico e il reale. In maniera metaforica, è un po’ come lavare i panni sporchi in pubblico!
Sono strepitose le vocine tirate fuori con disinvoltura da Rezza: una per ognuno dei personaggi delle sue micro-storie: uomini, donne, ragazze, Cenerentola, la sorellastra e la mamma, genitori, figli, omosessuali disoccupati, gente pigra o in cerca di occupazione, architetti, disabili, Giovanna d’Arco e i suoi aguzzini, suore, gente che dispensa buoni consigli, oppure di dubbia moralità, … praticamente una città intera, una società intera con il suo pietoso marciume, piena di gente dispettosa come scimmie, pitechi. Tutto questo è interpretato da un’unica persona. Fa tutto Rezza. Alle voci di tutti questi personaggi vanno poi aggiunte quelle reali, di Antonio Rezza-performer che, di tanto in tanto, si rivolge al pubblico per strigliarlo, vera e propria parte costitutiva di spettacolo: Rezza, mentre interpreta i suoi personaggi, non si lascia sfuggire niente di ciò che succede in platea: tutto è buono per far spettacolo!
Del micro-cosmo sociale preso di mira da Rezza, attore e autore dell'allestimento, fa parte anche il pubblico che assiste (e partecipa) alle sue performance e quindi non si può non farci riferimento. “Pitecus” è uno spettacolo interattivo, realizzato con la partecipazione del pubblico che, programmaticamente e in maniera voluta dall’autore, rideva ed applaudiva nei momenti in cui non doveva... infatti, ovviamente, ogni micro-performance si concludeva sempre un passo più in là ed in maniera inaspettata.
Antonio Rezza non lascia mai solo lo spettatore a godersi lo spettacolo-perforrmance, ma lo accompagna costantemente, lo guida nella lettura dei suoi pezzi, lo sorprende e lo supera nel gioco insito dei finali, facendogli scoprire che c’è sempre un “dopo” (rispetto al comicissimo finale immaginato dal pubblico che ragiona in termini di inizio-svolgimento-fine/scarico della tensione), la cui esistenza (umana e quindi, spesso, triste) diventa comica in virtù dell’intervento di Rezza-guida (il quale per assurgere a questo ruolo di Cicerone perfomativo, supera, di regola e costantemente, la famosa quarta parete).
Si potrebbe definire uno spettacolo “inverso”, cioè che non riguarda solo il pubblico che gode nel vedere le performance di Antonio Rezza, ma anche il suo contrario, cioè Rezza che prende spunto dagli spettatori per le sue improvvisazioni. Non solo recita, ma tra un suo micro-dramma e l’altro si ferma a guidare il pubblico, non tanto (o, per lo meno, non solo) nella lettura degli eventi messi in scena (cosa che il pubblico fa già di suo per la propria peculiare natura d’essere), quanto piuttosto nello smontamento degli avvenimenti per mostrare come il mondo rappresentato non solo abbia una forte comicità, ma anche mostruosità a livello sociale, pietosità culturale e inconsistenza al livello morale, senza però giungere al teatro di denuncia civile e oltrepassando persino la catarsi.
Impossibile non ricordare, tra tutti, il magnifico pezzo di Gidio, il quale chiuso in casa nel tentativo di sfuggire ad invadenti quanto teneri e tenaci amici si pone domande come “ma perché la gente pensa?”.
Le performance, con quel loro mostrare il "non detto", più del detto, non mettono in scena tanto chi è l’essere umano, quanto piuttosto come reagisce, e la maniera in cui trova soluzioni, spesso improbabili, di fronte alle situazioni più semplici o comuni della vita.
I personaggi rappresentati si mostrano, in pratica, come delle scimmie dispettose, dei pitechi. Nessuno guarda la vera soluzione de problema, o meglio si creano problemi laddove non ce ne sono e dove c'è il problema, neanche lo si nota per pensare, invece a soluzioni di problemi che non esistono! La causa di tutto questo forse è una forma di noia insita. Non sono esseri umani perchè ancora non arrivano a quel livello: sono ancora più indietro, forse a quello stadio pre-umano che distingueva la scimmia dall’homo sapiens sapiens.
Lo spettacolo è stato preceduto dalla proiezione del video "Trappolitana", una serie di comicissime interviste improbabili realizzate, in maniera seria, da Antonio Rezza (e Flavia Mastrella) nella metropolitana di Roma, principalmente sul tema del sudore.
Particolarmente interessanti anche i bis concessi, tra cui il bel monologo finale tratto dallo spettacolo "7-14-21-28", del 2009.
Spettacolo consigliatissimo a chi vuole ridere di cuore, a chi sa ridere di se stesso e della società in cui vive e delle sue contraddizioni e ansie, indicato per giovani e meno giovani, colti e non. Uno spettacolo da vedere e rivedere.