Stage Entertainment Italia, nonostante la capienza ancora ridotta dei teatri, ha deciso di rischiare, producendo l'adattamento per il palcoscenico di Pretty Woman, l’intramontabile commedia romantica del 1990, scritto da Garry Marshall e J.F. Lawton, rispettivamente regista e sceneggiatore originale della pellicola; di fatto, si tratta della prima grande produzione italiana di teatro musicale, che debutta dopo lunga chiusura (dal 24 febbraio 2020) dei luoghi di spettacolo dal vivo, dovuta all’emergenza da Covid-19.
GLI SPETTACOLI
IN SCENA IN ITALIA
L’adattamento teatrale, con testo e liriche tradotti in italiano da Franco Travaglio, mantiene l’impianto narrativo del successo cinematografico, ripercorrendo fedelmente i momenti della storia d’amore tra i due protagonisti, Vivian e Edward.
Ma, in alcuni casi, offrire al pubblico esattamente quello che si aspetta, può rivelarsi un’arma a doppio taglio e costituire un limite: infatti, nemmeno la colonna sonora firmata da Bryan Adams insieme al suo storico co-autore, Jim Vallance (un equilibrato mix di canzoni pop e romantiche ballad) e la celebre hit Oh, Pretty Woman, di Roy Orbison, eseguita durante i ringraziamenti finali, riescono a far passare in secondo piano la debolezza dello spettacolo sul piano drammaturgico.
Tormento interiore e voglia di riscatto
Accanto alla tematica sentimentale, che dal 1990 tiene incollato allo schermo un pubblico eterogeneo, Pretty Woman – collocandosi a metà strada tra Cenerentola e My Fair Lady – affronta temi molto attuali quali il desiderio di rivalsa, la dignità femminile e il superamento di apparenze e pregiudizi.
Beatrice Baldaccini ha saputo impersonare al meglio la spiazzante solarità e ironia di Vivian, ma soprattutto la sua voglia di riscatto, che trova la sua massima espressione nella toccante interpretazione di brani come Volo via da qui e Non tornerò o nella disinvoltura con la quale indossa gli splendidi costumi di Ivan Stefanutti; nonostante la presenza scenica senza dubbio in linea con il ruolo, Thomas Santu, invece, sembra non riuscire a immedesimarsi completamente nel tormento interiore che caratterizza il personaggio di Edward, il suo stile di vita e il mondo dal quale proviene.
“Tutti abbiamo bisogno di un sogno”
Motore di tutto lo spettacolo è indubbiamente Cristian Ruiz, in effetti tra i pochi performer in Italia, che, in un momento come quello che stiamo ancora vivendo, risulta in grado di interpretare non uno, bensì tre ruoli differenti.
Nei panni del personaggio aggiunto di Happy Man (che, nella versione teatrale, rappresenta il destino e l’opportunità di inseguire un sogno) conferma le proprie capacità di affabulatore e di entertainer, già ampiamente dimostrate in spettacoli come Hairspray (2008); nel ruolo di Mr. Thompson, il direttore dell’albergo nel quale si svolgono molte scene dello spettacolo, è un impeccabile maestro di bon ton, nonché tanguero provetto nella divertentissima scena sulle note di Una notte così.
Un altro punto di forza dello spettacolo è l’energico timbro “black” di Martina Ciabatti Mennell, nel ruolo di Kit De Luca, convinta anche lei da Happy Men - durante la canzone Non mollerò i sogni miei - a inseguire i propri sogni.
Tra gli elementi dell’ensemble, infine, si fa notare soprattutto Pietro Mattarelli, nel ruolo di Giulio, il factotum dell’albergo: le sue entrate e uscite di scena hanno il preciso obiettivo di suscitare le risate del pubblico, ma l’effetto tende molto spesso a essere controproducente, perché può anche indurre a distrarsi da quello che sta accadendo sul palco.
Una ripartenza tutta al femminile
La regia di Carlin Brouwer riprende l’allestimento in scena prima della pandemia ad Amburgo, con il tocco significativamente italico, ironico e femminile di Chiara Noschese, regista associata.
Le coreografie sono un sorprendente mix di energia e tecnica; le scenografie, coerenti e curate nel dettaglio, il disegno luci estroso, ma non invasivo e l’orchestra dal vivo, diretta da Andrea Calandrini, rendono evidente l’attuale sforzo produttivo di Stage Entertainment.
Pur con qualche limite strutturale, Pretty Woman si può considerare uno spettacolo giusto per un adeguato (ma, purtroppo, ancora lento) ritorno alle platee dei grandi musical.