Il fulcro di ProgettoDue è la decostruzione dei miti fondanti la società, il merito di Pino Carbone è quello di restituire all’azione scenica una funzione catartica collettiva.
Con ProgettoDue: PenelopeUlisse/BarbabluGiuditta, Pino Carbone porta sulla scena due spettacoli di drammaturgia inedita contemporanea, risultato di un medesimo percorso di ricerca incentrato sull’in/contro con l’altro da sé e sulla necessità di sperimentare un nuovo linguaggio teatrale in grado di dare corpo e voce a un’urgenza umana e sociale.
La congiunzione “e”
Carbone mette in rapporto due lavori, due relazioni d’amore convenzionalmente distanti nel tempo e ispirate al mondo del mito e della fiaba, e lo fa attraverso un’apparente “riduzione” a una sfera intima e duale. Le storie di “PenelopeUlisse/BarbabluGiuditta” sono caratterizzate dall’assenza reale e simbolica della congiunzione “e”, che riflette l’intenzione del regista di effettuare un’efficace azione decostruttiva, resa tangibile dalla sua stessa “presenza orizzontale” sulla scena, una voce fuori campo che non invade ma guida e rivoluziona.
In entrambe le storie assistiamo a un rovesciamento dei punti di vista, a una vera e propria destrutturazione dei ruoli e dell’identità di ciascun personaggio. I confini che delimitano i binomi uomo-donna, passato-presente, vittima-carnefice, adulto-bambino, mito-realtà, si dissolvono in un interessante gioco di specchi e proiezioni che permettono il passaggio da una dimensione individuale a una collettiva, umana.
L’Eroe e l’altro
L’amore, il conflitto e la fiducia rappresentano il fil rouge che attraversa le due opere. Penelope e Ulisse, interpretati da Carla Broegg e Renato De Simone, si incontrano dopo 20 anni di non detti e assenze, da una parte l’uomo si è identificato con l’eroe, dall’altra Penelope rivendica il diritto a ritrovare suo marito e al contempo il diritto ad esser vista. Le pagine dell’Odissea e le parole tessute da Penelope non corrispondono, narrano storie diverse, ribaltano i ruoli, obbligano Ulisse a mutare prospettiva e a riconoscere che l’uomo è sopravvissuto all’eroe solo perché Penelope ha fatto sì che continuasse ad esistere.
Il conflitto intimo è reso tangibile dallo scambio di abiti, simbolico ed efficace, che ricorda allo spettatore che “l’altro siamo sempre noi”. In Barbablu/Giuditta, con Luca Mancini e Rita Russo, il conflitto non è più relazionale bensì introspettivo. Barbablu lotta con se stesso, con l’etichetta di “mostro” che è parte costituiva della sua identità. L’incontro con Giuditta obbliga il mostro e l’uomo al confronto, allo scontro e infine all’apertura verso le diverse possibilità del divenire.
Finali possibili
Il fulcro di ProgettoDue è la decostruzione dei miti fondanti la società, il merito di Pino Carbone è quello di restituire all’azione scenica una funzione catartica collettiva recuperando il rapporto d’attualità teatro/società. Le storie di Penelepe/Ulisse e Barbablu/Giuditta non devono necessariamente ripercorrere un finale già scritto, è l’essere umano che con il passaggio all’atto, può cambiare il corso degli eventi verso più finali plausibili.