Nato come format teatrale seriale durante il primo lockdown, Radio International è il nuovo progetto scritto e diretto da Beppe Rosso, con la collaborazione dell’autore italo-iraniano Hamid Ziarati.
Dopo una prima puntata andata in scena in presenza prima della chiusura dei luoghi di spettacolo, a ottobre 2020, il format è stato trasmesso in video in dieci puntate e, recentemente, è tornato alla sua forma originaria (in cinque episodi), rappresentati come maratona teatrale.
Lo spettacolo racconta, nell’arco di una settimana, le vicissitudini personali e professionali, vissute dai protagonisti all’interno della redazione di un’emittente radiofonica: Radio Prisma, emittente radiofonica indipendente, sull’orlo della chiusura, collegata a un network nazionale, TIN (Turbo Italia Network).
La parola si fa azione
La scenografia di Lucio Diana, essenziale ma curata nei minimi dettagli, e la presenza in scena (anche come attore) del fonico Massimiliano Bressan, risultano elementi fondamentali per rendere partecipe il pubblico di ciò che accade dietro le quinte di uno studio radiofonico, quel luogo in cui avviene il processo di formazione delle notizie e dove, tra conflitti e contraddizioni, la parola si fa azione.
I protagonisti sono lo specchio delle contraddizioni che caratterizzano l’uomo contemporaneo: Roberto (Lorenzo Bartoli) è il giornalista tutto d’un pezzo, sempre alla ricerca della verità dei fatti, ma spiritoso quando serve e appassionato al proprio lavoro; Grazia (Barbara Mazzi) è il personaggio più complesso, perché compie un percorso durante il quale non nasconde la fragilità di chi si sente intrappolata tra senso di responsabilità, fanatismo e paura del diverso.
Luca è lo stagista dalla memoria formidabile, che mostra chiari segni di sindrome bipolare e il suo interprete Francesco Gargiulo risulta abile nell’interagire con gli altri interpreti, soprattutto attraverso un disinvolto e divertente uso della mimica facciale.
La responsabilità dell’informazione
La notizia di una bambina siriana che tenta di attraversare dall’Italia il confine con la Francia e l’improvviso arrivo in redazione di Ashkan (Adriano Antonucci), un homeless curdo con un passato da giornalista, che sostiene di conoscere la piccola fuggitiva, acuisce da un lato i contrasti all’interno della redazione, rendendo oltremodo evidente il dramma di un Paese che sta scivolando verso un fanatismo esasperato, unito a un costante rifiuto dell’altro.
La sopravvivenza stessa della radio si intreccia con il fervente dibattito sul nazionalismo che attraversa l’Europa. Resta centrale il ruolo dell’informazione, costantemente evocato dalla non-presenza dell’inviato Papuzzi, emblema della pesante responsabilità degli operatori dell’informazione di saper distinguere le fake news dalle notizie accertate.