La giovane regista ungherese Kriszta Székely si confronta con Riccardo III, Duca di Gloucester, il cattivo più iconico del repertorio shakespeariano, attraverso un nuovo adattamento firmato dal drammaturgo Ármin Szabó-Székely, che racconta la parabola (discendente) di un uomo che “ambisce al potere senza uno scopo preciso, animato solamente dalla cieca volontà di sopraffare gli altri”.
GLI SPETTACOLI
IN SCENA IN ITALIA
Il contesto storico dal quale ha tratto ispirazione Shakespeare (la rivalità tra le due casate, York e Lancaster, con il suo culmine nella sanguinosa Guerra delle Due Rose) viene attualizzato, ponendo particolarmente l’accento sugli effetti delle fake news e sulla gogna mediatica alimentata da uno scriteriato utilizzo dei social.
Il talento seduttivo del Duca di Gloucester
Shakespeare, che aveva tra i suoi principali committenti Elisabetta I Tudor, era tenuto a offrire al pubblico un ritratto negativo della figura e del carattere di Riccardo III, “colui al quale i cani abbaiano quando gli arranca accanto”. Malgrado tale intento denigratorio, l’autore conferisce al personaggio una tragica perfezione che ammalia e seduce il pubblico, indotto a simpatizzare per il protagonista, anche per la sua diversità esibita.
Il punto di partenza dell’adattamento di Ármin Szabó-Székely è la volontà di Riccardo di essere malvagio. Non sono soltanto la cattiveria del tiranno e la sua imperfezione a sedurre i personaggi che gli ruotano attorno (e il pubblico), ma la sfrontatezza plateale nel raggirarli, incarnata con cinismo e ironia dall’interpretazione di Paolo Pierobon, abile nel portare all’attenzione della platea le spregevoli macchinazioni di Riccardo per conquistare il potere.
Vittime (o complici) del potere?
La regia di Kriszta Székely ha voluto privilegiare le storie individuali dei personaggi, che quindi sono stati ridotti rispetto al testo originale, per consentire a ognuno di rivelarsi pienamente, così da rendere più cristallino il complesso percorso di manipolazione messo in atto dal protagonista.
Uno dopo l’altro, tutti i personaggi restano vittima dello stesso potere di cui sono anche complici: i loro corpi vengono portati tutti sulla scena da un unico personaggio, l’ambiguo Catesby, interpretato da Nicola Lorusso, che si lascia usare dal potere (sotto qualsiasi forma), traendone personale vantaggio; mentre, con la solita aplomb, Nicola Pannelli (Stanley) incarna i dubbi e le preoccupazioni, ma soprattutto l’indolenza dell’entourage del tiranno.
L’usurpatore, non appena viene incoronato re, fallisce miseramente, ritrovandosi preda dei propri demoni interiori. Tuttavia, non si può rimanere perplessi sentendo “sprecare” l’ultima celebre invocazione di Riccardo (“Un cavallo! Il mio regno per un cavallo!”), accostata a una banale considerazione del protagonista, che la ricolloca (in maniera piuttosto forzata) ai giorni nostri (“Devo averla letta da qualche parte”).
In una dimensione internazionale complessa come quella che stiamo vivendo, con il rischio di incorrere facilmente in parentesi di intolleranza religiosa e razzismo, il viaggio compiuto da Riccardo III negli oscuri abissi del potere, rappresenta idealmente la speranza in un mondo migliore.