Roméo et Juliette di Charles Gounod, firmato da Bartlett Sher è tornato sul palcoscenico del Teatro alla Scala. Si tratta di un allestimento favolistico, idealizzato, ambientato in un ’700.
Nato per il palcoscenico della Felsenreitschule di Salisburgo e successivamente adottato dal Metropolitan di New York, il Roméo et Juliette di Charles Gounod firmato da Bartlett Sher è tornato sul palcoscenico del Teatro alla Scala dopo il suo debutto milanese nel 2011. Si tratta di un allestimento favolistico, idealizzato, ambientato in un ’700 che strizza più l’occhio a Casanova e Goldoni che a Shakespeare.
Carnevale a Verona
La scena fissa, che rappresenta un imponente palazzo progettato da Michael Yeargan, e gli sfarzosi costumi di Catherine Zuber rimandano ad una Verona del XVIII secolo popolata da maschere ed immersa in un’atmosfera da carnevale veneziano. Pochi elementi scenici, quali un altare ed un crocifisso nella scena di Frère Laurent o alcune tombe nel finale, aiutano a connotare i vari ambienti.
Dal punto di vista interpretativo Roméo appare come un giovane irruento e spavaldo mentre Giulietta, da ragazzina spensierata, si trasforma progressivamente in donna matura e consapevole.
Anche gli altri personaggi risultano adeguatamente sbozzati, pur rimanendo sullo sfondo. Si tratta comunque di un allestimento abbastanza convenzionale, che ha però il pregio di accompagnare in maniera efficace e visivamente accattivante la partitura. Non mancano infatti alcuni momenti suggestivi quali la scena del mercato, sovrastata da un telo bianco che cade sui contendenti durante il duello, o le coreografiche scene della festa del primo atto.
Voci ed atmosfere
Vero motivo d’interesse di questo allestimento è tuttavia l’aspetto musicale che vede in Vittorio Grigolo un Roméo di riferimento e in Lorenzo Viotti un concertatore attento e raffinato.
Il tenore toscano si distingue per il timbro morbido ed omogeneo, grazie al quale il suo fraseggio risulta ricco di colori ed espressività. Se gli acuti non sono sempre squillanti, i suoi pianissimi e le sue mezzevoci sono da manuale nel disegnare un Roméo sì spavaldo e guascone, ma, allo stesso tempo, appassionato ed innamorato, lirico e malinconico.
Al suo fianco Diana Damrau è una Juliette che cresce di atto in atto. Se all’inizio appare un po’ titubante, nel prosieguo si fa sempre più sicura e protagonista. Le coloriture forse non hanno più lo smalto di un tempo ma la linea di canto è sempre solida ed il fraseggio si conferma quello di una grande artista. Ambedue i protagonisti tratteggiano due personaggi complessi ed articolati, arricchendoli di preziose sfumature.
Mattia Olivieri è un energico Mercuzio che si disimpegna nell’aria della Regina Mab. Nicolas Testè è un eccellente Frère Laurent dalla voce calda e raffinatissimo nel fraseggio, come di gran classe è anche la Gertrude di Sara Mingardo. Marina Viotti è uno Stéphano dalla voce limpida e ben proiettata e rimarchevoli risultano anche le prove di Frédéric Caton (Capulet) e Ruzil Gatin (Tybalt).
Al suo debutto scaligero Lorenzo Viotti si rivela direttore di grande interesse. La sua lettura accentua la componente romantica dell’opera, arricchendola di colori e screziature ma tenendo sempre saldo il filo della narrazione. Anche i momenti meno ispirati della partitura, complice qualche condivisibile taglio, hanno sempre avuto il giusto peso e non hanno minimamente rallentato il costante fluire della musica.
Di ottimo livello, come sempre, la prova del coro istruito da Bruno Casoni.
Al termine il pubblico che esauriva il teatro ha decretato un successo unanime con punte di entusiasmo per Grigolo, Damrau e Viotti.