In Sei personaggi in cerca d'autore Pirandello allestisce un doppio dramma, quello tutto borghese dei sei personaggi, attanagliati da uno scandalo familiare che porta sciagura e morte, e quello dell'esistenza umana, la cui essenza "cangia ogni giorno", cui l'autore oppone l'altrettanto terribile esistenza dei personaggi, "sempre uguali a se stessi".
In questa opposizione si declina tutta la poetica pirandelliana tra vita e forma, tra verità e verosimile, tra teatro e realtà, con una modernità ancora attuale a quasi 100 anni dalla sua stesura.
Daniele Salvo sceglie di caratterizzare questa commedia da fare, come recita il sottotiolo, con un piglio farsesco e iperbolico che gli prende subito la mano.
Così gli attori e le attrici della compagnia sono dipinti da Salvo come dei guitti, caricaturali fino all'estremo. E' facile far capire al pubblico la soggezione che incute il capocomico facendo inchinare tutta la compagnia in un saluto all'unisono, ma non serve a restituire le vere dinamiche di una compagnia teatrale, come intendeva fare Pirandello.
Invece i personaggi che in Pirandello si comportano in maniera squisitamente borghese sono trasfigurati da Salvo in maschere, sinistre e agitate da un parossismo che non emerge dal loro vissuto ma di maniera, al servizio di un "mistero" più preteso che mostrato.
A pagarne il prezzo più salato è il personaggio della figliastra che Salvo ci presenta come una giovane eccentrica, un po' fuori di testa, svuotando tutto il portato etico e politico della sua critica senza tregua alla "famiglia borghese" che, in quando "figlia bastarda", la respinge.
Dispiace vedere la grande Selene Gandini costretta in una recitazione tutta tic e pavidità, potendoci solo immaginare la figliastra indimenticabile che ci avrebbe regalato se Salvo non le avesse imposto un ventaglio così angusto di espressività.
Altro scarto imperdonabile, al confine col maschilismo, è quello tra la Madama Pace pirandelliana "megera d'enorme grassezza" e quella ammannitaci da Salvo, scosciata e avvenente anche se trasfigurata da ...innesti cyberpunk (artigli metallici).
Le fa da pendant il seno nudo imposto a Gandini, distraendo il pubblico dal vero orrore di cui parla Pirandello, che non è il sesso mercenario, ma l'insensibilità di un uomo che non si ferma nemmeno dinanzi il lutto con cui è vestita la ragazza che ha pagato, che scoprirà, "in tempo", essere la figliastra.
Anche la scena in cui l'attore e l'attrice provano l'incontro tra il padre e la figliastra, che Pirandello, specifica in didascalia, vuole "senza che abbia tuttavia, neppure minimamente, l'aria di una parodia; apparirà piuttosto come rimessa in bello", si trasforma nella più trita delle pantomime.
Sembra quasi che Salvo si sia lasciato ispirare dalla critica che Bendetto Croce fece alla commedia: "i dialoghi tra i sei personaggi e gli attori (...) prendono toni più degni di una farsa che di una tragedia".
Non tutto è così disastroso nell'allestimento; aver sostituito la bambina con un fantoccio, scenicamente funziona, così come va a segno la mancanza di respiro che sembra attanagliare a più riprese i personaggi.
La scenografia, che omaggia certo cinema muto dell'epoca, è elegante e suggestiva, specialmente nel terzo atto, quando tutti manovrano una torcia, uniche fonti di luce, ma risulta sempre esornativa e non sostiene mai davvero il testo, offuscandolo invece, appiattendolo su di esagerazione che lungi dal "rileggerlo" si limita a deformarlo.
Salvo mette a dura prova tutti gli e le interpreti, quelli della compagnia teatrale, che relega a ruoli "insignificanti" (ignorando tutte le indicazioni in didascalia) limitandosi a far accennare loro alcuni tentativi di imitazione dei personaggi che dovranno interpretare, e quelli dei personaggi, costretti a conciliare una regia pletorica che toglie loro ogni credibilità con la verve indispensabile per dare spessore a dei ruoli tutt'altro che grotteschi.
Eppure, vuoi per la bravura di chi recita, vuoi per la grandezza di un testo "non sabotabile", la messinscena sa farsi vedere, lasciando il pubblico, se non convinto, contento.