Prosa
SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE

E se Shakespeare diventasse kitsch e circense?

E se Shakespeare diventasse kitsch e circense?

Massimiliano Bruno firma la regia e l’adattamento dello spettacolo ”Sogno di una notte di mezza estate” prodotto da L’Isola Trovata Srl. L’omonimo capolavoro shakespeariano in cui atmosfere oniriche e sognanti la fanno da padrone viene portato in scena da quattro volti cinematografici e televisivi: Stefano Fresi (il teatrante Bottom), Paolo Ruffini (il folletto del bosco Puck), Violante Placido e Giorgio Pasotti, interpreti in doppi ruoli (la nobile Ippolita e la regina delle amazzoni Titania lei, il valoroso Teseo e il magico Oberon lui).

Ambientazioni glamour e ammiccanti

Atmosfere pop, suadenti danze, costumi sgargianti e provocanti sono il leitmotiv dello spettacolo molto più del testo forse, relegato quasi a contorno dell’ostentazione di uno spettacolo chiaramente pensato per immagini. Di forte impatto visivo le scenografie, costruite come delle macchine provviste di ruote che entrano ed escono facilmente di scena guidate dai personaggi. Scintillanti, roboanti, malandate come carrozze di circhi ormai scomparsi, spezzano facilmente il ritmo narrativo facendo la loro comparsa attraverso il bosco, realizzato da una serie di funi che scendono dall’alto e ricoprono le tre pareti del palcoscenico.

Quattro attori noti al grande pubblico

La scelta interpretativa dei personaggi è singolare, o forse per meglio dire popolare: il Puck di Ruffini è una specie di grillo parlante in smoking nero e cilindro che beve una bibita da una cannuccia, Violante Placido diventa una specie di cat woman in similpelle e parrucca bionda ossigenata nei panni di Titania, Oberon è interpretato da Pasotti con connotazioni esplicitamente omosessuali. Esilarante invece risulta Stefano Fresi nei panni del burlone Bottom, capo banda degli attori che portano il teatro nel teatro nella vicenda, donando momenti di freschezza e intelligente divertimento ad un allestimento altrimenti monotono che gioca quasi sempre su un livello piatto.

Il classico diventa contemporaneo (o mainstream?)

L’impressione che si ha durante lo spettacolo è quella di star assistendo ad un musical, più che ad un classico del teatro di prosa di tutti i tempi, o peggio a scene da cabaret. Con tutto il rispetto per questi generi chiaramente, connotati di differenti e apprezzabili caratteristiche, il teatro classico è un’altra cosa. Non è un’invocazione al purismo, per altri versi condannabile, ma semplicemente la costatazione che in questo spettacolo di veramente shakespeariano ci sia poco. A livello estetico come già detto nei costumi e nelle scenografie, a livello semantico anche per quanto concerne il linguaggio e gli importanti e profondi significati dell’opera, spazzati via da ripetuti tentativi di strappare risate e applausi a scena aperta.
Visto il 25-02-2018
al Celebrazioni di Bologna (BO)