Musica
STORIA DI UN IMPIEGATO

De Andrè canta De Andrè. L’irriducibile forza delle parole del padre trasmesse dal figlio

Cristiano De Andrè
Cristiano De Andrè

L’intento di Cristiano De Andrè merita un plauso particolare. Storia di un impiegato parla del sogno di un uomo che sceglie di unirsi ai sessantottini e pianificare attentati contro quel potere da condannare ad ogni costo.

”Con questo tour voglio risvegliare le coscienze, mio padre diceva che noi cantanti portiamo un messaggio e in questo non posso che appoggiarlo”. Queste le intenzioni manifestate da Cristiano De Andrè, primogenito di uno dei più grandi cantautori italiani, polistrumentista e cantante di grande talento che con questo nuovo progetto teatrale sta portando in tour un concept album del 1973, protagonista un cittadino medio che vive appieno l’esperienza del ’68, nel bene e nel male.

Storia di un impiegato parla del sogno di un uomo che, ascoltando una canzone del’omonimo maggio francese, sceglie di unirsi ai sessantottini e pianificare attentati contro quel potere da condannare ad ogni costo. Il risveglio dal sogno però sarà spiazzante, all’interno del carcere dove egli scoprirà il senso della collettività contrapposta all’individualismo, prendendo coscienza che non esistono poteri buoni. Su uno sfondo di vele bianche rettangolari vengono proiettate istallazioni video e immagini rappresentative di quel periodo storico forse già troppo lontano da noi.


La narrazione musicale

Cristiano De Andrè esegue senza dire una parola tutte le tracce dell’omonimo album, riarrangiate in chiave rock con qualche incursione elettronica per ricollocare la narrazione musicale nella contemporaneità, senza mai snaturarla. È un vero e proprio recital, quello a cui si assiste nella prima metà dello spettacolo, ogni traccia è indipendente dalle altre ma cammina in un flusso drammaturgico coeso e coerente.

Si parte da Canzone del maggio per proseguire con il primo grande sogno Al ballo mascherato in cui sfilano tutte le forme di potere conosciute: quello culturale rappresentato da Dante, quello religioso nelle fattezze di Cristo e la Madonna, quello politico nel volto dell’ammiraglio Nelson e infine anche quello parentale con la figura del padre e della madre. L’impiegato è invischiato in un meccanismo che lo vuole vuoto ingranaggio di una filiera di topolini obbedienti e marcianti verso un futuro assopito e allora il culmine è Il bombarolo. Momento particolarmente toccante interpretato da De Andrè al piano Verranno a chiederti del nostro amore, penultima traccia del concept album.


La musica di De Andrè come «tachipirina dell’anima»

Finita l’esecuzione dell’album De Andrè si lancia finalmente in un discorso al pubblico, spiegando le ragioni dello spettacolo, autoproclamandosi un «sacerdote del padre, come in una messa laica» e invitando gli spettatori a compiere un gesto simbolico: scambiare un cinque di pace con il vicino che non si conosce. In un presente storico così imbruttito dalla politica che cerca di sopraffare l’emarginato, l’immigrato, il diverso, lo spettacolo di De Andrè diventa veramente catalizzatore di messaggi immortali veicolati dalla splendida musica di Faber negli esempi di Don Raffaè, Fiume Sand Creek, La domenica delle salme e ancora Amore che vieni amore che vai, affinchè le nuove generazioni conoscano questo immenso artista e chissà, forse riflettano sulla contemporaneità in maniera diversa.

L’intento di De Andrè figlio quindi merita un plauso particolare, al di là dell’eccellente esecuzione musicale ad opera di Davide Devito alla batteria, Davide Pezzin al basso, Osvaldo Di Dio alle chitarre e Riccardo Di Paola alle tastiere e programmazioni che trova il suo clou nel bis chiesto a gran voce da tutto il pubblico. La formazione capitanata da De Andrè si lancia prima in una trascinante Creuza de mä per chiudere con una versione alternativamente rock de Il pescatore coinvolgendo gli spettatori che rompono le fila arrivando sotto il palco ballando.

Fabrizio De Andrè vive ancora, la sua musica risuona audace e poetica ancora oggi grazie al figlio in quello che non è solo un omaggio, ma una vera e propria missione di conoscenza in controtendenza musicale, sociale ma anche politica.

Visto il 06-05-2019
al EuropAuditorium di Bologna (BO)