Un Ugo Dighero brillante, a metà strada tra la follia e il sogno, tra l'allucinazione e l'affabulazione che si culla nel suono delle sue stesse parole, regge bene le fila di questo Tango Macondo messo in scena da un Giorgio Gallione particolarmente ispirato nella sua decisione di ibridare l'universo di Gabriel Garcia Marquez con quello dei pastori sardi costretti ad emigrare in Sudamerica o dovunque fosse possibile il sogno di una vita migliore.
GLI SPETTACOLI
IN SCENA IN ITALIA
Il sottotitolo è Il venditore di metafore e questo spiega bene tutta la filosofia dell'impresa. Lo spettatore si ritrova ad aggirarsi fra tanghi e mamuthones, fra pampas e nuraghi, fra scheletri, maschere e navi.
Gallione parte dalla Sardegna mitologica dello scrittore Salvatore Niffoi con il suo libro Il venditore di metafore e arriva a Macondo, il paese immaginario del romanzo Cent'anni di solitudine, portandosi dietro un bagaglio di visioni, speranze e prodigi.
Paolo Fresu guida il racconto alla tromba
Dighero, sostenuto da Rosanna Naddeo e Paolo Li Volsi, si inerpica sicuro in una narrazione di eventi, viaggi e miraggi che si arrotola su sé stessa, mentre un jazzista di livello internazionale come Paolo Fresu suona dal vivo alla tromba e al corno le musiche originali che ha composto per lo spettacolo.
Daniele Di Bonaventura e Pierpaolo Vacca gli fanno compagnia al bandoneon (l'Argentina) e alla fisarmonica (la Sardegna), mentre i danzatori del Deos Ensemble Opera Studio (Luca Alberti, Caterina Montanari, Valentina Squarzoni e Francesca Zaccaria) danno vita al respiro, al sogno e alle visioni.
Matoforu è contadino e venditore di metafore. Con lui parte Anzelina Bisocciu, grande amore e sua cantatrice. Insieme lasciano il paese di Mamoiada e il suo leggendario carnevale - con le maschere grottesche e diaboliche evocate negli oggetti di scena di Marcello Chiarenza e nei costumi di Francesca Marsella - per andare in Sudamerica, muovendosi in un territorio immaginifico, ai confini tra il delirio e la geografia.
In ogni piazza in cui arrivano, Matoforu e Anzelina offrono agli abitanti storie fantastiche, a volte comiche e a volte horror, ma sempre ricche di poesia e umanità. La tromba di Paolo Fresu guida il racconto, facendo fermentare passioni e follia.