The Spank è la storia di un’amicizia maschile. Sonny (Valerio Binasco) e Vargas (Filippo Dini) sono amici di lunga data, hanno un rapporto molto confidenziale, scandito da pinte di birra al pub, lo Spankies, ribattezzato da entrambi “Spank”: un locale, che, per loro, è un luogo del cuore, il modesto santuario della loro amicizia.
Qui, Vargas ritorna dopo molto tempo, durante un temporale, e il nylon che custodisce gli arredi si solleva improvvisamente – complice il rumore dei ricordi – sprigionando ricordi felici e dolorosi allo stesso tempo.
L’amicizia, luogo del quotidiano
Nel momento in cui lo spettatore si trova di fronte alla scenografia realizzata da Laura Benzi, risulta subito evidente che nulla risulta fatiscente: dall’insegna del locale, alla disposizione degli arredi, (con uno specchio sistemato in posizione laterale), tutto è curato nei minimi dettagli; anche il disegno luci di Pasquale Mari, che sembra osservare dall’alto i due protagonisti.
Tuttavia, utilizzare spesso il buio per scandire il trascorrere del tempo, non sempre si è rivelato l’espediente tecnico più efficace. Ciò sembra in parte dovuto alla scelta di far rievocare al personaggio di Vargas un’amicizia, rivolgendosi alla platea; come risultato, il pubblico percepisce frammenti (compiuti) di un rapporto - e delle relazioni con altri personaggi citati nel testo – la cui continuità narrativa non sembra essere stata preservata.
Istinto e ragione
Nell’ultimo testo teatrale Hanif Kureishi, drammaturgo inglese di origini pakistane, l’amicizia è lo spunto per scandagliare un ampio spettro di emozioni e di relazioni umane. Sonny è un dentista, mentre Vargas è un farmacista. Entrambi sono figli di immigrati, due uomini di mezza età che devono gestire il miglioramento della loro condizione sociale, ma soprattutto le difficoltà derivanti dal ruolo di genitori.
Sul palcoscenico, Filippo Dini e Valerio Binasco esprimono con appassionata convinzione, unita a una delicata sfumatura di malinconia, tutte le consapevoli istanze espresse dall’autore nel testo, a partire dalla condizione esistenziale di non-totale appartenenza al mondo contemporaneo, propria di chi nasce da coppie miste.
Complici le insidie della tecnologia moderna, la reazione a catena messa in moto da una delicata situazione di tradimento coniugale genera un confronto tra istinto e ragione, che costringe i due amici – ed entrambi gli interpreti sulla scena – a mettere in discussione le rispettive concezioni delle relazioni umane.
Gli esiti di questo scontro si traducono in un’amara critica, nei confronti dei valori tradizionali (la famiglia, in primis), che procede parallelamente a un’estenuante difesa del senso di libertà provato quando si viene presi a pugni in faccia dalla vita.