Superata la metà delle repliche del cartellone 2024, l’Arena di Verona Opera Festival ha regalato una di quelle serate destinate a segnare una tappa importante nella storia dell’anfiteatro scaligero con la ripresa di Tosca di Giacomo Puccini che ha visto sul palcoscenico un trio di stelle di prima grandezza: Anna Netrebko, Yusif Eyvazov e Luca Salsi.
Un allestimento che non risente del tempo che passa
A distanza di 18 anni dal suo debutto Tosca si conferma lo spettacolo più riuscito tra quelli firmati dal regista e scenografo Hugo Da Ana all’Arena, ed infatti è stato anche il più rappresentato nel corso degli anni.
Una scenografia imponente, dominata dalla testa e dal braccio della statua dell’Arcangelo Michele che si staglia sulla terrazza di Castel Sant’Angelo, e costumi sfarzosi ed eleganti, contribuiscono a rendere ancora di grande efficacia una regia nel complesso tradizionale ma che dimostra di essere invecchiata meno di molte altre.
C’è da dire che Tosca è titolo abbastanza semplice da allestire: l’unico passaggio in cui è coinvolto il coro, ovvero il Te Deum che chiude il primo atto, si risolve il più delle volte con una processione, mentre le altre scene impegnano massimo due o tre persone, non richiedendo particolari sforzi creativi. Se poi sulla scena vi sono tre fuoriclasse che, oltre ad essere grandi cantanti danno vita ad una straordinaria serata di teatro musicale, ecco che anche la ripresa di una vecchia produzione si illumina di una luce nuova.
Un’esecuzione che verrà ricordata a lungo
Al di là dei singoli indiscutibili talenti, va detto che la lunga frequentazione comune dei palcoscenici internazionali ha creato delle alchimie tra i tre protagonisti che si concretizzano in un’intesa fatta di dettagli, accenti, sfumature che vanno oltre l’ottima esecuzione musicale.
Accolta da un applauso al suo ingresso sul palcoscenico -abitudine frequente negli Stati Uniti, rarissima in Italia- Anna Netrebko ha delineato una Tosca dai tratti lirici, forte di uno strumento solidissimo e versatile che le ha consentito prodezze non comuni in un teatro all’aperto quali il pianissimo e lo smorzato con cui si è rispettivamente aperta e chiusa “Vissi d’arte”.
Un’interpretazione che si è tenuta lontana da qualunque accenno verista e concessione al parlato: anche la famigerata frase “E avanti a lui tremava tutta Roma” è stata magistralmente cesellata sul canto. Certo, qualche pedante detrattore potrà chiosare che il registro grave tende sempre più ad irrobustirsi, ma questo non ha mai penalizzato un fraseggio ricchissimo e screziato che continua ad ammaliare.
Al suo fianco Yusif Eyvazov si conferma come una delle voci più interessanti dell’attuale panorama tenorile. Se il timbro sembra farsi più morbido e meno metallico nel corso degli anni, eccellenti rimangono la cura nel fraseggio e la linea di canto grazie ai quali delinea un Cavaradossi lirico, in perfetta sintonia con la Tosca della Netrebko con cui nel primo atto è protagonista di un duetto di raro coinvolgimento.
Con Scarpia Luca Salsi delinea uno dei personaggi icastici del suo repertorio, in cui convivono lussuria, eleganza, protervia e crudeltà. Il secondo atto è da manuale per la ricchezza e la varietà degli accenti, complice una sintonia perfetta con Anna Netrebko che si concretizza in momenti di grande musicalità ed altrettanta tensione drammatica.
Di livello l’apporto dei comprimari su cui spiccano l’insinuante Spoletta di Carlo Bosi ed il Sacrestano di Giulio Mastrototaro, ma meritevoli di applausi sono anche Nicolò Ceriani (Sciarrone) Carlo Striuli (Carceriere), Gabriele Sagona (Angelotti) e la giovanissima Erika Zaha nel ruolo del pastorello.
Alla testa dei complessi areniani Daniel Oren è sembrato molto più convincente in questa Tosca rispetto alla Bohème della settimana precedente, assecondando con mano sicura le voci ma allo stesso tempo imprimendo all’orchestra la giusta tensione e dispiegando un’ampia gamma cromatica dalle singole sezioni. Al termine successo trionfale da parte di un anfiteatro entusiasta.