Lirica
TOSCA

Una grande Tosca cinematografica quella in scena Alla Scala di Milano

Tosca
Tosca © Brescia/Amisano

Per la prima volta scelta come titolo inaugurale della stagione d’opera, Tosca di Giacomo Puccini ha debuttato al Teatro Alla Scala in un nuovo allestimento diretto da Riccardo Chailly con la regia di Davide Livermore.

Per la prima volta scelta come titolo inaugurale della stagione d’opera, Tosca di Giacomo Puccini ha debuttato al Teatro Alla Scala in un nuovo allestimento diretto da Riccardo Chailly con la regia di Davide Livermore.

Uno spettacolo in cui si fondono tradizione e modernità

Fedele alla sua cifra stilistica, Livermore costruisce uno spettacolo di grande impatto visivo, raccontando la vicenda con stile cinematografico. Le ricche ed imponenti scenografie progettate da Giò Forma sono in continuo movimento, permettendo di assistere all’azione da varie angolazioni e di zoomare sui dettagli. Nel primo atto ad esempio la visione della chiesa di Sant’Andrea della Valle muta continuamente prospettiva, passando dalla navata principale, al baldacchino di Cavaradossi, all’interno della cappella degli Attavanti, grazie ad un costante spostamento di quinte che meraviglia per la sua armonia e fluidità. Il secondo atto, più statico, permette però, grazie ad un coup de théâtre, di allargare la visuale dallo studio di Scarpia alla camera delle torture, mentre il terzo è dominato dall’ala dell’angelo di Castel Sant’Angelo che, ruotando su se stessa, svela l’interno del carcere.

La regia, pur mantenendo un impianto sostanzialmente classico, si basa su una recitazione realistica e moderna, con alcune soluzioni interessanti, soprattutto nei finali d’atto. Nel primo Scarpia si trova nettamente separato dai fedeli che, negli sfarzosi costumi di Gianluca Falaschi, intonano il Te Deum, rendendo “Tre sbirri, una carrozza” un vero e proprio soliloquio. Nel secondo Il prescritto gesto di Tosca di porre crocifisso e candelabri al fianco del cadavere di Scarpia viene sostituito da un suggestivo flashback in cui lei, ormai per le strade di Roma, rivede sé stessa sulla scena del delitto, mentre nel terzo il tradizionale salto di Tosca dagli spalti di Castel Sant’Angelo si trasforma in un’immaginaria assunzione “Davanti a Dio”, come dice lei stessa.

In sostanza uno spettacolo in cui tradizione e modernità si fondono con grande efficacia, senza eccessi o forzature.

Concertazione ricca di colori e sfumature

Dal punto di vista musicale questa edizione è caratterizzata dalla scelta di Riccardo Chailly di riaprire alcuni tagli operati dallo stesso Puccini già in occasione della prima assoluta. Aldilà dell’indubbio interesse filologico, si tratta di otto brevi incisi che, forse con l’eccezione della morte di Scarpia, dilatano alcuni passaggi che nella versione tradizionalmente eseguita risultano più incisivi ed efficaci: uno su tutti il finale, in cui la ripresa di “E lucevan le stelle” suona inutilmente ridondante.

La concertazione di Chailly è caratterizzata da tempi distesi, che gli consentono di addentrarsi nelle pieghe della partitura, che viene qui cesellata e rifinita in ogni dettaglio. La narrazione è morbida e caratterizzata da una ricchezza di colori e sfumature che l’orchestra del Teatro Alla Scala asseconda magnificamente.

Prevista in locandina per le rappresentazioni di gennaio, Saioa Hernández è subentrata all’indisposta Anna Netrebko nel ruolo del titolo con due repliche d’anticipo. Il timbro solido e la grande estensione vocale del soprano spagnolo contribuiscono a delineare una Tosca intensa e volitiva, sicura e svettante nell’acuto ma non sempre morbidissima nel fraseggio. Al suo fianco Francesco Meli è un superbo Cavaradossi dal fascinoso timbro lirico, ricercato nell’emissione, giocata su pianissimi e mezzevoci.

La palma del migliore tra i protagonisti spetta però a Luca Salsi che tratteggia uno Scarpia sfumato, dal fraseggio ricco ed articolato, distante anni luce da certe caratterizzazioni sguaiate e grandguignolesche che ci ha consegnato la tradizione. Ottimi i comprimari a partire da Alfonso Antoniozzi, che ripulisce il ruolo del Sagrestano da ogni accenno caricaturale. Rimarchevoli anche l’Angelotti di Carlo Cigni e lo Spoletta di Carlo Bosi.

Superlativa come sempre la prova del coro diretto da Bruno Casoni. Entusiasta la risposta del pubblico che esauriva il teatro in ogni ordine di posti.

Visto il 19-12-2019
al Teatro Alla Scala di Milano (MI)