Turandot segna il debutto nella lirica del duo Ricci & Forte, attivi da anni nella prosa con una cifra precisa e intelligentemente “scandalosa”; il loro progetto creativo parte dall'idea che Turandot sia una donna di oggi che ha paura di diventare adulta e si rifugia in un mondo di sogni, un percorso psicanalitico in cui i vari elementi rimandano a simboli legati alla maternità e all'infanzia.
Grande espressività
La regia è curata, le comparse agiscono già prima che la musica inizi nei tre atti, i cantanti hanno una grande attenzione ai movimenti e soprattutto la protagonista riesce a imprimere al volto e alla gestualità una incredibile espressività che consente di seguire agevolmente il suo percorso interiore. Alcuni momenti sono particolarmente azzeccati, come lo scioglimento degli enigmi da parte di Calaf mentre alle sue spalle dieci corpi si attorcigliano: i fantasmi interiori rischiano di travolgerlo ma cadono a terra inerti quando gli enigmi sono risolti con coraggio e determinazione.
La bella scena di Nicolas Bovey (autore anche delle luci, importanti nell'economia dello spettacolo) è composta da quattro grandi parallelepipedi vetrati, i mondi di fantasia e illusione della principessa. Contemporanei e occidentali i costumi di Gianluca Sbicca, sontuosi e colorati gli abiti di Turandot che nel finale rimane in sottoveste a segnare una nuova, consapevole rinascita grazie all'amore.
Un mondo di gelo
Turandot vive in un mondo di gelo dove troneggia un orso polare. Nello spettacolo non ci sono richiami alla Cina se non nella musica affidata alla Filarmonica Marchigiana sotto la direzione di Pier Giorgio Morandi che rende bene tali richiami nel contesto della partitura. Nel ruolo del titolo arriva dal gelido nord la svedese Iréne Theorin, voce wagneriana usata con grande sapienza nella sua potente estensione: una maggiore cura della dizione avrebbe portato gli ottimi risultati a livelli di eccellenza. Accanto a lei Rudy Park è un Calaf corretto. Marionette la Liù-sposa di Davinia Rodriguez (che viene uccisa da Turandot con un colpo di pistola) e l'aitante Timur di Alessandro Spina (vestito da sposo e più giovane di Calaf, cosa che ha ingenerato equivoci nel pubblico). Poco in rilievo l'Imperatore e i tre Ministri, bene il Coro lirico marchigiano e i Pueri cantores di Macerata.