Lirica
UN BALLO IN MASCHERA (GUSTAVO III)

Un Ballo in maschera tra libertà e ambiguità al Festival Verdi di Parma

Un ballo in maschera
Un ballo in maschera © Roberto Ricci

Unico titolo allestito in forma scenica per l’edizione 2021 del Festival Verdi, il Ballo in maschera è andato in scena al Teatro Regio di Parma in un’originale proposta in cui l’edizione critica della partitura curata da Ilaria Narici è stata per l’occasione abbinata al libretto originale concepito da Verdi e Antonio Somma, che aveva come protagonista Gustavo III re di Svezia e che la censura respinse costringendo allo spostamento della vicenda in terra americana.

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Gustavo III un re ambiguo

La regia era stata originariamente affidata a Graham Vick che, purtroppo, venuto improvvisamente a mancare a causa del Covid-19 ha lasciato solo alcuni appunti sui quali si è basato il suo assistente Jacopo Spirei per la messinscena definitiva. 

Inevitabile quindi che, nonostante alcune soluzioni interessanti, traspaia una sensazione di incompiutezza, essendo venuto a mancare tutto quel lavoro di costruzione e affinamento che solitamente avviene durante le prove e che qui ha portato ad una certa rigidità nelle dinamiche tra i protagonisti.

Lo spettacolo ha una struttura circolare, aprendosi e chiudendosi con la processione al monumento funebre di Gustavo III, peraltro unico elemento scenografico, onnipresente durante tutto lo svolgimento dell’opera. Del re svedese, figura contraddittoria tra assolutismo e costituzionalismo, autore di importanti riforme, viene qui sottolineata l’ambiguità sessuale. La sua è una corte in cui dominano libertà e trasgressione, nei costumi e negli atteggiamenti, in una sorta di frenetica ricerca dell’eccesso su cui però sembra sempre aleggiare un afflato di morte. 


Ed infatti se la scena dell’antro di Ulrica, nonostante gli abiti sgargianti firmati da Richard Hudson (autore anche delle scene) rimanda ai festini decadenti della Caduta degli dei di Visconti, il finale, più che ad un ballo mascherato, fa pensare ad una sorta di danza macabra. 

In netto contrasto, in alto, posto in una tribuna all’interno dell’emiciclo che delimita il fondale, il coro, in austeri abiti scuri a rappresentare la società borghese che non partecipa però osserva con atteggiamento che oscilla tra l’ipocrisia e il voyeristico compiacimento. 

Ottima esecuzione musicale

Dal punto di vista musicale il direttore Roberto Abbado coglie lo spunto registico ed imprime all’opera una lettura in cui prevale la componente drammatica rispetto a quella levità dai tratti quasi mozartiani che in alcuni tratti caratterizza quest’opera.


La Filarmonica Arturo Toscanini integrata dall’Orchestra Rapsody asseconda perfettamente il Maestro in una concertazione incisiva, ricca di dinamiche che crea grande compattezza con i cantanti e con il Coro del Teatro Regio, diretto da Martino Faggiani, come sempre protagonista di un’interpretazione maiuscola.

Piero Pretti è un Gustavo III dai tratti eroici che affronta l’impervio ruolo con voce ben timbrata e piglio spavaldo e con un fraseggio raffinato che gli consente di rendere in modo credibile la complessità del personaggio. L’Amelia di Maria Teresa Leva ha un bel timbro lirico, luminoso negli acuti e rigoglioso nei centri. La sua è un’interpretazione in crescendo che culmina in un’applauditissima “Morrò ma prima in grazia”

Amartuvshin Enkhbat nel ruolo di Anckastrom si conferma una delle più belle voci di baritono oggi in circolazione. Il fraseggio elegantissimo si avvale di un timbro di velluto e l’emissione è sempre naturale, senza alcun apparente sforzo. In alcuni tratti si ha la sensazione di un certo distacco dal punto di vista interpretativo, ampiamente riscattato da una trascinante esecuzione di “Eri tu che macchiavi quell’anima”

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Giuliana Gianfaldoni ha una vocalità molto interessante e fortunatamente distante da quella di certi Oscar fastidiosi e petulanti che troppo spesso si incontrano in teatro. Risolve inoltre in modo molto efficace l’ambiguità del paggio che, pur essendo maschio, si presenta nell’antro di Ulrica con un costume che ne esalta i tratti femminili. Anna Maria Chiuri è un’Ulrica incisiva e autorevole ed ottimi sono anche Fabrizio Beggi e Carlo Cigni nei ruoli dei congiurati Ribbing e Dehorn.

Al termine un successo calorosissimo da parte di un Teatro Regio finalmente quasi al completo.

Visto il 15-10-2021
al Regio di Parma (PR)