Ispirato al mitico flop teatrale dell’omonimo racconto di Ennio Flaiano, Un marziano a Roma è racconta le avventure di Kunt, un marziano atterrato per caso a Villa Borghese.
Ispirato al mitico flop teatrale della messa in scena dell’omonimo racconto di Ennio Flaiano, Un marziano a Roma è racconta le avventure di Kunt, un marziano atterrato per caso a Villa Borghese.
All’inizio il popolo quirite lo accoglie, lo festeggia, lo acclama e ne fa un protagonista della vita cittadina; poi, piano piano, lo trasforma in uno dei tanti bellissimi ruderi della Città eterna e lo accantona con indifferenza. Con questa parabola il romano acquisito Ennio Flaiano racconta il disincanto, il menefreghismo e la superficialità di quel popolo di cui si sentiva ospite gradito.
Da Milano a Roma
Milano invece era allora la capitale del miracolo economico, il crogiuolo dell’inventiva italica, la fucina dei successi economici che ci avrebbero proiettato nell’Europa della modernità. Proprio qui il più acclamato Mattatore dello star system, Vittorio Gassman, nel 1960 volle portare la riduzione teatrale del racconto di Flaiano, con Ilaria Occhini protagonista.
Gli spettatori milanesi del Teatro Lirico, già maldisposti verso quei perdigiorno dei romani, non accolsero bene lo spettacolo, anzi lo contestarono rumorosamente costruendo così la storia di uno dei più clamorosi flop della scena italiana.
Uno spunto per ricordare la Dolce Vita capitolina
Da questo aneddoto parte l’idea di una rivisitazione del clima romano di quell’epoca con l’opera Un romano a Marte, libretto di Giuliano Compagno e musica di Vittorio Montalti, vincitore del concorso della Fondazione del Teatro dell’Opera per lavori dedicati alla città di Roma.
Quello che si vede in scena è affascinante, ma un po’ confuso, contrappuntato da proiezioni di Gianluigi Toccafondo, che in time laps propongono immagini della Roma dei caffè, della Dolce vita, dei paparazzi intramezzate da altre dipinte in cui si riconosce lo stile dei manifesti dell’attuale stagione del Teatro dell’Opera. Fortunatamente il ritmo delle immagini non confligge con quello della musica, che ha come riferimento gli esempi più orecchiabili del panorama compositivo contemporaneo. I personaggi in scena recitano e cantano, il canto va dal declamato al lirico, non disdegnando abbellimenti e concertati, sembra anche evocato un certo spirito rossiniano.
La regia di Fabio Cherstich cerca di tradurre il libretto, ma senza conoscere preventivamente il testo la comprensione è complicata. Anche perché si associano argomenti non organici come una poesia del poeta bulgaro Hristo Botev martire della battaglia anti-imperialista e l’omaggio a Caterina Martinelli, donna del quartiere Tiburtino uccisa durante l’occupazione tedesca in una piccola sommossa per procure il pane per i suoi sei figli.
A margine appare in un vecchio video su un televisore in secondo piano, un’intervista a Tonino Guerra che ricorda un episodio di tenerezza domestica di Flaiano con la figlia malata.
Il Cast
John Axelrod ha diretto con efficacia l’Orchestra del Teatro dell’Opera, il cast vocale è composto dai giovani talenti del progetto “Fabbrica” Young Artist Program con Rafaela Albuquerque (Ilaria Occhini), Domingo Pellicola (Ennio Flaiano) Timofei Baranof (Kunt) Gabriele Portoghese (Il critico) e Valeria Almerighi (Caterina Martinelli), tutti disinvolti sulla scena e bravi nel canto.
Molti applausi agli artisti ed anche agli autori presenti in sala, con l’auspicio che la produzione possa essere apprezzata anche in altre future occasioni.