Eclettico, originale, dissacrante e sempre sul pezzo. Angelo Pintus torna nei teatri di tutta Italia con il nuovo spettacolo Una brutta persona, tutto da scoprire.
Molte date hanno già registrato sold out mesi fa, questo perché il comico triestino gode di una popolarità che va oltre le sue partecipazioni televisive. Il suo pubblico sa già che, qualunque cosa si inventerà l’irriverente Pintus, sarà qualcosa da non perdere. E questo vale anche per il nuovo spettacolo, incentrato su stereotipi, politically correct e tutto quello che ci fa storcere il naso ma allo stesso tempo ridere sotto i baffi.
Più voci, sempre lui
Sul palco quattro microfoni, non perché il comico abbia ospiti in scena, ma per tirare in ballo personaggi che commentano man mano le sue trovate. Si passa dal mite Papa Francesco a un diavolo stranamente simpatico, il ragazzino che parla solo nello slang incomprensibile della musica trap per arrivare alla commentatrice stizzita e severa della serata.
La bellezza di ridere liberamente
Una brutta persona mette a nudo ad una ad una le polemiche attuali su cosa si possa e non si possa dire, su cosa sia giusto ridere o meno, dissacrando luoghi comuni e stereotipi in classica “salsa Pintus”. Mai sopra le righe, mantenendo sempre il ritmo serrato performativo che lo distingue, tiene gli spettatori in mano per quasi due ore non perdendo mai la loro attenzione. Al contrario il pubblico non smette un attimo di ridere, e non ha ancora finito per ricominciare alla battuta successiva.
Umorismo, satira e comicità fisica confermano Pintus un vero e proprio mattatore della scena, nonostante lui stesso lamenti una stanchezza infinita dovuta alla nuova condizione di genitore. Altro argomento fondante dello spettacolo, la nuova “sfiancante” ma meravigliosa esperienza di padre, con relativi aneddoti strappa risate e simpatici episodi di vita quotidiana.
Una brutta persona è un invito che il comico fa a tutti i suoi spettatori a prendersi meno sul serio, a rilassarsi e ridere di tutto, in un mondo che ci vuole sempre più costretti in asfissianti etichette e stressanti formalità.