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VIA DELLA MADDALENA

Via della Maddalena: una commedia che è una tragedia

Via della Maddalena
Via della Maddalena © Pitto

Come definire Via della Maddalena di Marco Taddei? E’ tutto e il contrario di tutto. E’ una commedia, ma è anche una farsa e una tragedia. All'uscita il primo pensiero è stato “Che spettacolo amaro, triste”: ma si ride un sacco, anche sguaiatamente, dentro e fuori lo show. 

Una storia reale e metaforica al tempo stesso

Via della Maddalena è caotico, magmatico, un casino (in senso reale e metaforico) senza capo né coda: ma allo stesso tempo i personaggi e le vicende seguono linee conosciute e quindi prevedibili. Sono parabole che si sa dove vanno a finire. Nel senso della tragedia o della redenzione? E’ uguale, fate voi. Ma non è un modo di dire: è davvero uguale. Infatti il concetto di verità in questa pièce è relativo, come tutto quello che potete vedere in questa ora e 45 senza intervallo. 

Per illustrare la trama bastano due righe: un farmacista vedovo e sua figlia si trovano catapultati nei vicoli di Genova, i famosi caruggi, con tutte le conseguenze del caso. Ma se al centro storico di Genova sostituite Forcella, Quarto Oggiaro o Porta Palazzo, il risultato non cambia. 

GLI SPETTACOLI
IN SCENA IN ITALIA

La "quinta parete"

La prima cosa che balza agli occhi è che la famosa “quarta parete” non c’è, ma in compenso c’è la quinta. Il palcoscenico entra fisicamente in contatto con la prima fila delle poltrone, grazie a una specie di prolunga. Gli attori salgono e scendono dal palcoscenico, in base a chi tocca recitare. Poi si siedono sul bordo del piano calpestabile, sulle poltroncine libere delle prime file o direttamente per terra tra i piedi degli spettatori: perché si trasformano loro stessi in spettatori di sé stessi, è ovvio. Strano, ma è così. 

Musica rigorosamente dal vivo, con tastiere e strumenti ad arco, ma con luci da discoteca: e a suonare sono due musicisti travestiti da ratti giganti. D’altronde si sa: nei vicoli a farla da padrone sono le pantegane, perché stupirsi? Dimenticatevi la claustrofobia delle vite descritte da Cechov, il pessimismo senza possibilità di redenzione di De Filippo, e le gabbie mentali e sociali costruite da Pirandello. 

Il folto cast di Via della Maddalena non sa di essere prigioniero della situazione, delle circostanze, delle casualità, del luogo: o forse lo sa, ma non si pone il problema. Dovrebbero soffrire di claustrofobia per il fatto di essere rinchiusi in quel microcosmo, senza prospettive o possibilità concrete di fuga: ma non ne soffrono. Anzi sembrano non sapere che c’è anche un mondo di fuori. Che poi è tutto da vedere se il mondo di fuori è davvero migliore di quello dove abitano loro. 

La telecamera dentro e fuori il palcoscenico

La scenografia non esiste: ci sono un mucchio di sacchetti di spazzatura dietro ai quali emergono i musicisti, una telecamera vera, e uno sfondo che è anche schermo cinematografico. Poi un balconcino tipo Romeo e Giulietta, con tripudio di fiori e cuori, dove vivono due prostitute. La telecamera indaga dentro e fuori il palcoscenico. 

Gli spettatori ripresi in primo piano si trovano immersi dentro la narrazione, sullo schermo che domina tutto dall’alto. Ad azionare la telecamera non sono tecnici ma (alternandosi) gli attori stessi: che fanno anche i mimi, i ballerini e i cantanti. C’è il livello della recitazione, con gli attori visti dalla platea, e quello iperreale creato dalla telecamera che ingigantisce le espressioni, la mimica, gli sguardi, le pupille, il cerone e soprattutto le rughe.

La quinta parete: un passaggio per il paradiso

E la quinta parete? Pensate a un enorme taglio verticale nel telone dello schermo posteriore che fa da sfondo. Un taglio in stile Lucio Fontana. E’ la via di accesso ad un’altra realtà, che non si vede. Una realtà che contemporaneamente è fisica e metaforica, un taglio che è una via di collegamento tra l’immanente e il trascendente. 


Quando uno dei protagonisti muore e va in paradiso, passa da lì. Ma passano da lì anche i due coniugi litigiosi per andare a casa, e gli altri attori quando devono andare a fare qualcosa in “altrovi” imprecisati. 

Una storia contemporanea? Sì e no

Lo è e nel contempo non lo è. Lo spezzone di filmato di vita nei vicoli, ripetuto ossessivamente in proiezione, suggerisce l’idea che l’umanità non cambia, che ripete sé stessa e che le vicende narrate potrebbero in realtà essersi verificate in qualsiasi luogo e tempo. Anche nel futuro, perché no? Panta Rei, diceva il filosofo Eraclito: tutto scorre e cambia. Ma in realtà è sempre lo stesso fiume. 

Nel caso il concetto non fosse stato ancora chiaro, alla fine dello spettacolo una prosperosa protagonista passa tra i sedili per offrire da bere, mentre attori e spettatori salgono sul palcoscenico per ballare insieme una disco scatenata. Chi suona? Le due pantegane, ovviamente.
 

Visto il 24-10-2023
al Sala Mercato di Genova (GE)