Chiara Casarico e Tiziana Scrocca tramite due personaggi senza nome, detti Dice e Zitta, appellativi mutuati dal tormentone tra dire e tacere che le vede competere e lottare, approntano uno spettacolo dalla comicità dirompente che allude a un sottotesto tutto da scoprire e ragionare.
Se nel precedente Zitt, di cui questo Zit! 2.0 la vendetta è elegante proseguo, le stesse protagoniste si muovevano entro coordinate sociali e di classe ben identificabili, con tutto l'indotto di vicinato, competizione femminina, solitudine e solidarietà, stavolta l'orizzonte si fa astratto e vuoto e la parola, protagonista della prima pièce, lascia il posto al silenzio (sua la vendetta del titolo).
Un silenzio espresso a cominciare dalla difficoltà non tanto di ottenerlo, ma di tenerlo; il silenzio infatti scappa sopraffatto dai rumori di una vita che, per attestare la sua esistenza, non abbisogna necessariamente della parola ma sa farsi sentire anche tramite il rumore di una presenza, come quella della natura, nel finale, quando, uscite dalla stanza in cui vivono, Dice e Zitta si muovono nel mondo, libere e in contatto con il creato.
Il confronto - scontro che le vede affermare la necessità teorica del silenzio ma, al contempo, l'urgenza incontenibile di una presenza sonora, dove la parola è ridotta alle sue sotto catene foniche, fatte di sillabe e dell'intenzione di un dire che non si conclude mai, sostiene un meccanismo comico apparentemente estemporaneo, e invece misuratissimo e calibrato con raro acume, nel quale l'effetto comico non è mai fine a se stesso ma si fa commento, ora ironico ora elegiaco, di una profonda considerazione sull'umana esistenza.
Il silenzio viene così esposto e dispiegato in tutte le sue declinazioni, da quello di stupore a quello di mestizia, dal silenzio di necessità a quello di protesta, dal silenzio di prevaricazione a quello di chi subisce, in un discorso continuo con il pubblico, che diventa il terzo personaggio della pièce, come quando Dice e Zitta pretendono un silenzio assoluto in sala e sgridano chi ride o tossisce.
Nato da una ricerca fatta sulla scena con continue improvvisazioni, che poi sono state fissate in un copione-canovaccio, quello di Tiziana Scrocca e Chiara Casarico è un grandissimo esempio di teatro anticrociano dove la scrittura non prevale sulla recitazione e la messinscena che ri-nascono ad ogni replica, sul palco.
Il copione canovaccio indica infatti l'intenzione mai la singola espressione che dipende dall'energia e dalla recettività con cui le due attrici autrici interagiscono col pubblico.
Scrocca e Casarico si regalano con grandissima generosità al mestiere dell'attrice che sanno fare con una grazia e una bravura che sono un dono raro.
Un dono che Tiziana e Chiara condividono con il pubblico, che a ogni replica ride con la pancia e riflette con la testa.