In un solo anno, tra il 1750 e il 1751, Carlo Goldoni scrive sedici nuove commedie. La prima è Il teatro comico, un vero e proprio manifesto poetico in cui l’autore “mette in commedia” la sua idea di riforma teatrale. Vuole abbandonare il canovaccio per mettere in scena testi più solidi, con personaggi che raccontino la realtà nei suoi aspetti più sfaccettati e umani, e offrano agli spettatori la possibilità di rispecchiarsi e di ridere di se stessi.
Nel Teatro comico troviamo, dunque, una compagnia di comici alle prese non solo con le prove di una commedia nuova, ma con un modo tutto nuovo di fare teatro. Orazio, capo della compagnia e alter ego di Goldoni, cerca di istruire gli attori su un inedito approccio all’arte della scena. Se la deve vedere col vecchio Tonino, spaventato a morte dal nuovo che avanza, con Placida, prima donna, determinata, invece, a rimanere al passo coi tempi, e Gianni, preoccupato solo di far ridere. Nel gruppo anche Lelio ed Eleonora, pronti a tutto pur di trovare un posto nella compagnia e riuscire finalmente a sbarcare il lunario…
In una divertente girandola tra entusiasmi, paure, lotte, ripicche, imprevisti slanci di solidarietà, ci troviamo a sbirciare le sorti di questo irresistibile gruppo di teatranti che riflette le storture e i paradossi di un’intera società e, allo stesso tempo, esprime la passione e l’orgoglio per il proprio mestiere. Così, mentre li vediamo lottare per le loro concrete e umanissime esigenze – la necessità di guadagnare, la fame, il desiderio di successo –, scopriamo la loro vera vocazione e la fortissima volontà di non disperdere il senso poetico del loro mestiere.