Solo un testimone, monaco nell’antico Monastero di Debre Libanòs, ha le parole per descrivere la strage: «Sembrava il rumore del tuono ma non c’erano nuvole, sembravano le grandi piogge ma non cadeva acqua, cadeva sangue. I colpi non finivano mai, sembravano pugni in faccia. I colpi strapparono dagli alberi le foglie, spezzarono i rami, piegarono i tronchi ma le radici resistettero.» Alla fine una domanda: gli italiani sono sempre brava gente? Paolo Comentale
Tra il 21 e il 29 maggio 1937, le truppe coloniali italiane al comando del generale Pietro Maletti, condussero in Etiopia un’azione destinata a divenire una pagina riprovevole della storia d’Italia: il massacro di Debre Libanòs, il più grande eccidio di cristiani copti avvenuto in Africa. Le violenze consumate in Etiopia non troveranno mai giustizia.
L’eccidio sarà dimenticato e l’Italia del nuovo corso democratico proverà a ricostruirsi un’immagine autoassolutoria non conciliabile con la memoria storica di un’occupazione sanguinaria. Perché questa strage di cristiani innocenti è stata messa a tacere? Questo spettacolo, grazie alla parola evocativa e poetica di Paolo Comentale, porta sul palcoscenico una vicenda che richiama le grandi categorie del teatro greco, in una notte africana durante la quale un maresciallo marconista è chiamato a rispondere per chiarire il mistero di una missione speciale.
La rievocazione di un dramma a noi lontano trova il suo motivo nella speranza che dal male possa nascere il miglioramento di una società che troppo spesso fagocita i fatti trasformandoli in oblio. È la necessità di affermare con forza la repulsione per ogni crimine di guerra, in ogni tempo e in ogni luogo.