Il nuovo spettacolo di Romeo Castellucci, regista, creatore di scene, luci e costumi conosciuto in tutto il mondo per aver dato vita a un teatro fondato sulla totalità delle arti e rivolto a una percezione integrale dell’opera. Lo spettacolo è “liberamente ispirato” a un classico della letteratura teatrale francese, Bérénice che Jean Racine compose nel 1670, un monologo costruito per e su Isabelle Huppert.
Ciò che rende contemporaneo Racine è precisamente la sua inattualità. Il metro alessandrino dei suoi versi è la forma congelata di un quadro umano paralizzato dallo stallo tragico e dalla disfunzione del linguaggio. L’amore è il Teatro della Crudeltà. Le rinunce qui hanno più peso delle azioni, del sangue o degli accoppiamenti. L’educazione e la castità sono in nuovi strumenti erotici che vincolano i corpi; la violenza è endocrina, il freno è più potente dell’acceleratore. L’energia, che non deflagra, è trattenuta in un corpo ormai spossessato di parole. Teatro paralitico, “Bérénice” è probabilmente la “tragedia” più immobile, statica e snervante che sia mai stata concepita. Eppure si piange. Eppure Bérénice – si potrebbe dire – sono io.
In scena, come stella fissa, un’attrice da sola incarna “Bérénice”: è Isabelle Huppert, la sineddoche dell’arte della Recitazione del teatro d’occidente. Lei è l’attrice – ma anche l’attore – per definizione; è il Teatro stesso che si manifesta, ancor prima del significato che porta. I suoni dello spettacolo – uditi e inauditi – sono tutti generati dalla sua voce ed elaborati dall’artista del suono Scott Gibbons.
Spettacolo in francese con sopratitoli in italiano