La regia di Ruggero Cappuccio in questo spettacolo si muove su un binario onirico e senza tempo, costruendo un “luogo di confine” popolato di personaggi femminili apparentemente freddi ma pieni di carnale ambiguità. Il testo dà vita ad una velenosa, partita a scacchi in cui brilla l’identità di uno degli uomini più discussi, amati e denigrati del XVIII secolo. Il velo di seduttore vanesio che ricopre Casanova presso l’immaginario collettivo cade inesorabilmente e rivela un grande autore, un uomo che scrive con rarissima e affilata modernità, che ama le donne e ne incontra sessualmente un numero di gran lunga inferiore rispetto alla superficiale moltiplicazione attribuitagli.
La notte tra il tre e il quattro giugno del 1798, Giacomo Casanova sospetta di dover morire. Il gentiluomo veneziano, mito vivente della seduzione, è ospite da tredici anni nel castello di Dux, in Boemia. Al castello sono attesi ospiti provenienti da tutta Europa, è necessario che Casanova ceda il suo appartamento per una destinazione più modesta. Giacomo ha da poco compiuto settantatrè anni, ha festeggiato il suo compleanno brindando a sè stesso con un calice di acqua gelata.
Da quel giorno è ammalato. Intorno alla mezzanotte Casanova entra in una camera, la porta dietro di lui si chiude e non è più possibile riaprirla. La progressiva assuefazione alla penombra rivela la presenza silenziosa di donne enigmatiche. Giacomo cerca di scalfire il loro mutismo: motteggia, aggredisce, provoca. Accerchiato dal mistero inquisitorio delle singolari creature che lo circondano, Casanova nega di essere Casanova.
Progressivamente si determina un’atmosfera da tribunale del giudizio definitivo. Ma quali sono i reati contestati? Quale sarà la pena? Perché Casanova rifiuta di rivelare il proprio nome? Chi è La Straniera che lo tortura e lo esalta con i suoi silenzi e le sue parole e che non vuole rivelare la sua identità?